Microdistilleria L’ARDENTE, nuova apertura a Centocelle (RM)

distilleria l'Ardente

RECE ROCK

di Alex Giuliani

Quando sono stato invitato a visitare questo piccolo opificio che sta aprendo a Centocelle, non sapevo cosa aspettarmi. La mia ignoranza in materia è pressoché totale e le uniche due distillerie che ho conosciuto in vita mia le ho viste in tv. La prima era quella clandestina di Zio Jesse in ‘Hazard’.

Se siete dei vecchi catorci come me e se non eravate troppo distratti dagli shorts della nipote Daisy Duke, ve lo ricorderete bene.

La seconda, più recente, è quella di Tommy Shelby in ‘Peaky Blinders’. Avendo panza e barba bianca ed essendo lontanissimo dall’avere il fisico atletico di Cillian Murphy, ho optato per un look con cappellino rosso e una salopette di jeans trasandata come il citato Jesse Duke e sono andato a trovare Davide Iacoangeli, già conosciuto per le sue precedenti esperienze al Traffic (uno dei club musicali più noti di Roma dove ho suonato un sacco di volte), al Trabant, al Craftwork e ora ideatore e creatore de L’Ardente. La distilleria, buon per me, si trova a via delle Azalee 71, a 400 metri scarsi da casa mia. Sono andato quindi a piedi e a cuor leggero, senza correre il rischio di farmi ritirare la patente per eccessivo tasso alcolemico dal Rosco P. Coltrane di zona.

Il locale è in rifinitura, ma si presenta già accogliente e con un bel bancone a piastrelle bianche. Davide mi spiega dettagliatamente il funzionamento degli strumenti per preparare i suoi distillati, mi delucida sulle caratteristiche delle numerose botaniche da lui usate e mi illustra il suo piano diabolico per conquistare Roma e dintorni con i suoi prodotti. Io annuisco silenziosamente, facendo finta di capire tutto ma con l’espressione che sicuramente ricorda quella di un Moai dell’Isola di Pasqua. Per ora L’Ardente ha presentato 4 distillati, fatti con i 4 ingredienti essenziali: alcol biologico, acqua, botaniche e zucchero (poco). Il 4 è il numero ricorrente, visto che probabilmente finirò sul letto a 4 di bastoni dopo averli provati tutti.

Inizio la degustazione partendo dal prodotto più leggero, la Spinosa, 18% di grado alcolico. La prima cosa che mi sorprende è il profumo buonissimo delle erbe, delicate e piacevoli, che arrivano ben distinte persino a narici poco educate come le mie, ormai ridotte come quelle di Lord Voldemort ma montate su un naso alla Bob Rock. Questo liquore, ispirato al Pimm’s (uno storico spirito inglese) e agli Sloe Gin, è un gin infuso con frutti come ribes nero, prugnolo selvatico e fiori di rosa, ibisco, lavanda e camomilla. E’ gradevolmente dolceamaro e potrebbe essere un ottimo dopo pasto. Un prodotto trasversale che farà breccia soprattutto nelle papille gustative del gentil sesso o di chi ascolta hair metal.

Si sale a 25% di gradazione con lo Zenit. Si tratta di un amaro dalla colorazione ambrata che è un mix equilibrato di erbe aromatiche, resine e fiori del Mediterraneo come il dittamo di Creta e l’elicriso (un fiore spontaneo che ha sentori di miele e spezie indiane). Quest’ultimo viene anche usato in cosmetica per il trattamento della pelle desquamata. Forse per questo dopo una sorsata ho già la pelle liscia e tirata come una maglietta taglia xs indossata da Jack Black.

Con il Sanguamaro, anch’esso al 25%, si comincia a fare sul serio. Questo bitter arriva forte al palato grazie all’assenzio romano (una botanica della famiglia delle artemisie) e alle numerose radici e cortecce presenti, amare e prepotenti, sebbene un po’ smussate dalla presenza di arancio amaro e sambuco. Incontra decisamente i miei gusti più bifolchi e per questo me ne sono portato via uno da scolare a casa, spiaggiato come una megattera sul divano, magari ascoltando un vecchio vinile dei Motorhead.

L’ultimo è l’Apprendista che, con il suo 40% di titolo alcolometrico, può essere paragonato al colpo del KO dato da Mike Tyson a Trevor Berbick nel 1986. Questo bathtub gin è il risultato di 20 botaniche estratte alla stessa gradazione alcolica, tra cui pepe di Kampot cambogiano, tè verde Bancha giapponese e fiori di loto. Forse per questo, o forse perché sono ormai brillo, mi sono venuti gli occhi a mandorla come Peter Sellers quando interpreta Sidney Wang in ‘Invito a Cena Con Delitto’.

Sono rimasto molto soddisfatto, tanto da portarmi via una bottiglia extra da degustare a qualche cena tra amici. Era dagli anni in cui accompagnavo mia nonna per prati a raccogliere mentuccia (o forse dall’ultima volta che ho preso della marijuana) che non provavo questo piacere nell’annusare erbe e botaniche varie. Saluto calorosamente Davide e torno verso casa facendo la stessa strada dell’andata, ma zigzagando come se stessi portando a temperatura gli pneumatici di una Formula 1. Praticamente i 400 metri scarsi sono diventati 1200 abbondanti.

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