I racconti del Professore: Giuseppe Iannotti e il progetto Gallerie D’Italia

(… o dei posti che vorresti sotto casa)

di Alfonso Isinelli

Gallerie d’Italia è un progetto nato per mettere insieme e renderle disponibili al pubblico, collezioni d’arte del gruppo Intesa San Paolo. Quattro i siti: Vicenza (la prima ad essere inaugurata), Milano, Torino, Napoli. Nelle ultime tre città, si è deciso di affiancare alla parte museale, un’attività ristorativa, non fine a se stessa ma legata al territorio che ospita la struttura, in particolare da chi ci opera in prima persona.

La prima apertura è stata quella di Voce a Milano, affacciata su Piazza della Scala ed affidata alle mani di Alessandro Negrini e Fabio Pisani di Aimo e Nadia, che hanno inizialmente scontato il fatto di essere i primi a lanciarsi nell’avventura. È passato qualche tempo prima che aprissero le altre due strutture: Caffè San Carlo e il ristorante Scatto a Torino nelle mani dei Costardi Brothers.

Infine al Banco di Napoli, lì dove venne firmata la famosa fideiussione per l’acquisto di Maradona, nell’anno in cui Napoli e il Napoli ritornano a fare festa. Si tratta della triade Luminist, Anthill e 177Toledo, progetto originale e totalizzante di Giuseppe Iannotti.

Per chi non lo conoscesse, Iannotti è un meticoloso perfezionista, il suo magnifico Kresios a Telese Terme ne è la dimostrazione tanto che io (e forse anche lui) avrei escluso che facesse delle consulenze. E infatti è così, non le ha fatte, sia Il Visibilio nella campagna Toscana che questa nuova avventura partenopea, sono suoi progetti, eseguiti nel minimo dettaglio da lui voluto. Infiniti sono stati i no qui a Napoli prima che si decidesse a dire sì, e ogni dettaglio, dall’arredamento ai tavoli, dalle stoviglie a quello che trovate appeso ai muri, dalle cucine a tutti gli spazi lavorativi, è stato meticolosamente studiato e realizzato.

E pezzo dopo pezzo si è messo in moto: a partire è stato Luminist, bistrot al pianterreno, aperto da colazione a cena, dove si parte con croissant perfettamente sfogliati per approdare, attraverso un croque Monsieur con patatine fritte realizzato come Dio comanda, ad una pasta e piselli a dir poco azzeccata (era stagione durante la mia visita). Ma non mancano genovese e ragù, così come i prodotti del suo fu delivery del periodo Covid, 8pus.

Poi, dall’inizio dell’estate 2023, si può salire all’ultimo piano per accomodarsi in un terrazzo che si espande alla vista da Sant’Elmo al mare – nella bella stagione – e godere dell’aperitivo del nuovo Anthill (ah l’ossessione Iannottiana per l’organizzato mondo delle formiche).

Vi arriva subito una scatola da compresse medicinali, il cui bugiardino è il menu. I cocktail sono curati da Anna Garuti –  ferrarese pronta a tasferirsi a Napoli – originali nel concetto (l’ispirazione è il Cunto de li Cunti di Giambattista Basile) nei contenitori di servizio, sempre calibrati e di bella beva (il giunco: gin, shiso, sale, zenzero, nella mia esperienza).

Gli abbinamenti vanno dalle classiche patatine – home made naturalmente – a piatti per la cena come burro e alici o l’animella alla scapece, per chiudersi con un’altra ossessione iannottiana: i pesci conservati della tradizione spagnola Cantina delle latte – si chiama così – e ti viene voglia di prendere tutto. Io mi sono limitato alle patatine, sarà per la prossima volta, perché mi aspettava la cena da Toledo 177 (via e civico di tutti e 3 i locali).

Luci soffuse, Schifano alle pareti, i numeri della smorfia napoletana nel menu. Il 71 (che è l’ommo ‘e merda) di cinque portate a 120 euro; il 22 (‘o pazzo) di otto portate a 170; il 90 (‘A paura) che unisce i due sopracitati a 250 euro, al motto di O tutt’ o nient’.

Scelto il menu vi arriva a tavola la cartellina, sì quella della tombola, e si comincia il giro per Napoli, perché qui siamo e di questo parliamo, anche in un gioco di falsi e di apparenze, dove, ad esempio,  i classici elementi della scapece sono veicolati da una pesca e da zucchine sì, ma a crudo, oltre che da una kombucha alla menta. O ancora gli spaghetti mit bol, citazione americana, sono con le polpette ma di coccio, mentre il sugo ricorda il mitico scoglio di Telese Terme.

C’è la ciquitta, a me sconosciuta ricetta della tradizione di Torre del Greco, milza cotta in aceto, olio, peperoncino e menta. Qui per ricordare u pani ca meusa palermitano, viene servita in un bao appena dolce nell’impasto, con lamponi e polvere di cappero. E poi la parmigiana di melanzane, piatto iconico (eh sì) di mamma Elvira, proposta con fonduta di provola, miso e basilico sia verde che viola. E finalmente può cominciare a competere.

Non vogliamo rovinarvi la sorpresa di andare, diremo solo del polpo in tre cotture (e masticazioni) diverse – servito con il suo brodo –  e della fresella, servita al momento del dessert bagnata di alchermes, dove il rosso del condimento non è dato solo dal pomodoro, ma da ciliegia, fragola e rabarbaro.

Last but not least, il servizio (perché anche qui le sessanta e passa persone che lavorano sono state scelte in maniera certosina): Zaira Peracchia, piemontese che si occupa anche di una già stimolante carta dei vini e Serena D’Aniello, campana Doc, ne sentirete parlare tanto per quanto sono brave.

E pure un piccolo PS: fate godere anche gli occhi e visitate il museo. Mario Schifano, la raccolta di ceramiche attiche e magnogreche, il Martirio di Sant’Orsola di Caravaggio e, soprattutto, almeno per me, una straordinaria raccolta di sculture e disegni di Vincenzo Gemito.

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Luminist, Anthill e 177Toledo
Via Toledo 177
Napoli

Foto di Alfonso Isinelli, Kresios.com

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