Vale Fuori (dai soliti giri…)
Quali sono le differenze tra un ristorante gourmet e uno d’impronta più pop? A voler scendere nel dettaglio, potrebbero essere infinite così tante che se ne potrebbe trovare una per ogni lettera dell’alfabeto. E allora, affrontiamo la questione in un altro modo, arrivando all’osso o al cuore per i più romantici, e vi dico che le differenze tra un ristorante gourmet e uno popolare potrebbero essere pari a zero. Ma certo, deve esserci una condizione. Quale? Che testa, cuore e mani siano della stessa persona.
È una conclusione – non definitiva, molto personale e nient’affatto generale, sia chiaro – alla quale sono arrivata dopo aver provato l’alta moda è il prêt-à-porter di tanti chef. Poi, sentite, a me non piace tirarla troppo per le lunghe e non sto qui a infiocchettare la scelta imprenditoriale di tanti chef stellati (ma non necessariamente) di aprire l’osteria o la trattoria di turno con aulici discorsi del tipo “lo chef ed il suo team hanno voluto dedicarsi alla cucina tradizionale, alle emozioni dei ricordi di una volta, alla cucina della nonna…”
Ah, può anche darsi, ma se dopo il covid c’è stato un proliferare di spin-off di cucine stellate in chiave pop (un’onda lunga che continua con buoni risultati ancora oggi) tra i mille motivi certamente meno affascinanti, c’è anche che un ristorante è un’azienda a tutti gli effetti, dunque deve fare utili e farli solo con la cucina stellata ad esclusivo appannaggio di un pubblico molto ristretto può essere difficile. E perché complicarsi la vita se la soluzione si può trovare in una proposta di cucina più semplice ma non meno interessante? Scusatemi, ma il romanticismo non è mai stato il mio forte…
Parlando di chi ha deciso di investire in nuovi progetti dall’anima popolare, c’è una coppia d’imprenditori che ha contribuito a scrivere la storia della ristorazione romana degli ultimi vent’anni. Parliamo di Davide Del Duca e Andrea Marini, chef e maître di Osteria Fernanda, insegna romana di cucina contemporanea (gourmet senza dubbio). Mentre 15 anni fa tra le tavole stellate della Capitale imperversavano guancia di vitello brasata col suo fondo accompagnata da purea di patate oppure petto e coscio di piccione con funghi cardoncelli, da Fernanda si sperimentavano fermentazioni, si azzardavano abbinamenti nient’affatto scontati, si faceva una cucina di pura avanguardia.
E poi sì, su richiesta, si poteva mangiare una delle più buone amatriciane di Roma; questo vorrei sottolinearlo per dovere di cronaca.
Dietro questo progetto, c’erano appunto Davide e Andrea, due amici e soci in affari ed oggi dopo quasi vent’anni di onorata carriera insieme, decidono di lanciarsi in una nuova avventura. Si tratta di Bianca Trattoria che ha aperto i battenti lo scorso maggio nel quartiere Prati, un ristorante che rispetto a Osteria Fernanda propone una cucina di pancia, nient’affatto concettuale e 100% sostanza. E allora per tornare all’enunciato di apertura, che tra ristorazione gourmet e pop non ci sono differenze se testa, cuore e mani sono della stessa persona, possiamo affermare e sottoscrivere che vale senz’altro per Bianca Trattoria.
Lo chef Del Duca, romano d’adozione ma ciociaro di origine, non solo non fa sconti ai piatti della tradizione ma non ne fa alla sostanza che è alla base di queste preparazioni. Per alcuni chef è quasi una deformazione professionale tentare di modificare secondo le proprie corde certi piatti, e allora ci si ritrova la pasta e lenticchie con la spuma, la trippa con la riduzione di bucce di pomodoro essiccate al sole di luglio, la carbonara con l’uovo disidratato grattugiato.
Qui non si corrono questi rischi perché la bussola di Davide Del Duca cambia radicalmente rotta quando lascia la cucina di Fernanda per entrare in quella di Bianca, dove agisce toccando le corde della cucina che conforta e per questo non deve stupire con effetti speciali. Ammesso che trovare una minestra di broccoli e arzilla fatta espressa col pesce sfilettato e lasciato in piccoli tranci, non sia da effetto wow.
Idem per le costine di agnello panate e fritte, fatte mestiere vale a dire senza battere la carne fino al raggiungimento dello stesso spessore della carta velina, salvo poi panarla con quattro dita di pane. Queste infatti erano croccanti e polpose, come deve essere un fritto di questa golosità.
E ancora, la trippa bella tirata col pecorino a pioggia ma in moderata quantità ‘che si fa sempre in tempo ad aggiungerlo. Un bonus, anzi due, ma facciamo tre per le verdure: insalata di campo e broccoletti ripassati. La prima con diverse varietà di foglie, incluse le introvabili di senape; i secondi ripassati come si deve, vale a dire con olio nella giusta quantità (generosa) e una puntina di peperoncino. Si chiude in dolcezza con una fetta di torta di mele servita con una pallina di gelato alla crema.
Sul fronte spesa, segnaliamo con piacere il percorso degustazione a 45 euro con antipasto, primo, secondo, contorno e dolce. Il bere, curato e selezionato dal bravo Andrea Marini, si sceglie in una carta non esageratamente copiosa ma che accoglie i gusti di tutti. Da non snobbare il più che dignitoso vino della casa.
Conclusione: Davide Del Duca e Andrea Marini (qui da Bianca, in società anche con Luca Carucci e Manuela Menegoni, rispettivamente già sous chef e direttrice di sala da Fernanda) hanno dimostrato, qualora ce ne fosse stato il bisogno, che fare ristorazione vuol dire saperla fare in tutte le sue espressioni e che non esiste una cucina di serie A e una di serie B.
Bianca Trattoria
Circonvallazione Trionfale, 94/96
00195 Roma
Tel. 06 69229068