Recensisco cose sul cibo: il picnic

Picnic

di Simone Cerchia e Bjork

È primavera, il sole splende, i pollini si moltiplicano come i follower di un food blogger appena tornato da Tokyo, e arriva quel momento dell’anno in cui qualcuno esclama: “Facciamo un picnic!”. E tu, che avevi in mente un weekend di binge watching e briciole nel letto, ti ritrovi sotto un albero, a combattere con l’umidità del prato, il sudore interstiziale e una fetta di torta salata che sa di frigorifero. Ecco a voi la nostra recensione del picnic: 12 voci fondamentali, zero indulgenza, una sola certezza. Ti pentirai, ma con stile.

1. La tovaglia a quadri

Un must. Senza non è un picnic, è solo gente che mangia a terra come bestie. La tovaglia a quadri rosso e bianca (o blu e bianca) ha questo potere magico: rende instagrammabili anche le formiche che ti passano sul panino. Peccato che dopo 8 minuti sia già zuppa di umidità. È un prato, d’altronde.

Voto: 8/10, ma solo per estetica vintage, zero punti praticità.

2. Le api (e le loro amiche vespe)

A un certo punto arrivano. Sempre. Invisibili a inizio pranzo, materializzate all’improvviso come uno stolker che “passava di lì per caso”. Sentono l’odore dell’insalata di riso con il tonno – quella che nessuno ha portato ma che inspiegabilmente è lì, come un glitch nel Matrix gastronomico – e decidono che il tuo spazio vitale è ora una zona aereoportuale per insetti armati. Reagire con razionalità? Dimenticalo. Scatti in piedi, gridi “È su di me!” anche se non è vero, rovesci il bicchiere, calpesti un’amica, ti nascondi dietro un bambino piccolo sperando che pungano prima lui. Le vedi inseguire la fetta di anguria come se fosse un aereo da abbattere. Un thriller biologico in tempo reale.

Voto: 5/10, ma solo perché salvano il pianeta e tra una fuga e l’altra, ti fai anche un po’ di cardio.

3. L’insalata di riso

La regina indiscussa del picnic. Non invitata, eppure onnipresente. Nessuno sa chi l’abbia portata, ma c’è sempre, in una bacinella ereditata dalla nonna, pronta a sfamare 34 persone anche se siete in 8. Dentro ci trovi di tutto: mais, wurstel tagliati a rondelle, olive taggiasche, piselli tristi, gamberetti esausti e – se il caso vuole – una rotella di liquirizia, che nessuno ha il coraggio di commentare.

È la Sagrada Família del picnic: un’opera incompiuta, con strati di mistero. È il piatto che piace a tutti e a nessuno. Nessuno la ama, ma nessuno la odia abbastanza da evitarla. E quindi si mangia. Per abitudine, per fame, per paura di offendere la persona che l’ha “solo assemblata”.

Voto: 6/10, per la quantità abbondante e democraticamente condivisa. Qualità? Bah.

4. Il reggi-bicchieri a spirale

Con i bicchieri di plastica si ripete sempre la stessa tragedia: tu che cerchi di versare il Pinot Nero, e lui che crolla, trasformando la tovaglia a quadretti in una scena del crimine enologico. Ogni picnic comincia con entusiasmo e finisce con schizzi rossi e disperazione. Poi, negli anni ’70 – epoca di miracoli e pantaloni a zampa – qualcuno (forse in sandali, sicuramente illuminato) ha inventato lui: il reggi bicchieri a spirale: un oggetto brutta ma in grado di accogliere il tuo bicchiere come un trono di stabilità.

I campeggiatori lo venerano, i picnichisti lo difendono. Non sarà sexy, ma è l’unico oggetto che ti permette di versare vino senza perdere la dignità.

Voto: 10/10 con lode, inchino e applauso lento.

5. Il supplì freddo

Chi ha portato il supplì? Nessuno lo sa. È apparso. È lì, nel contenitore di alluminio, tiepido solo grazie al sole cocente e al risentimento cosmico. Il riso si è compattato in un solido geologico non ancora classificato, la panatura è molle come un ricordo d’infanzia, e dentro… la palla di mozzarella è dura, opaca, aliena, simile a un bolo rinsecchito preparato da mamma cicogna per il suo piccolo. Eppure, lo mangi. Perché “vabbè, è pur sempre un supplì”.

Voto: 7/10, per spirito di sopravvivenza e onore alla tradizione. Anche se mastichi più silicio che piacere.

6. I bambini

Corrono. Urlano. Si rotolano nell’erba come se l’avessero appena scoperta. Tentano di sollevare cani di grossa taglia, rubano pizzette, gridano “Ho visto un’ape gigante!” e si rincorrono con bastoni che chiamano “spade laser” anche se sembrano rami infetti. Qualcuno urla “Attento alla brace!”, ma non c’è brace. C’è solo un bambino con un accendino, due marshmallow e una fantasia pirotecnica degna della Pixar. C’è chi piange perché si è rovinato il tatuaggio glitterato, chi si infila tra le gambe degli adulti come un razzo fuori controllo, e chi gioca a calcio con la tua focaccia. Li guardi con un misto di tenerezza, panico e desiderio di fuga.

Voto: 9/10 per l’energia inesauribile. 2/10 per la pace mentale, che muore lentamente sotto ogni urlo.

7. La fontanella

Tu hai sete. Una sete primordiale, da sabbia nella gola e lingua come carta vetrata. La bottiglia è finita da ore, il vino non è più un’opzione (hai già mandato un messaggio al tuo ex, per capirci), e adesso c’è solo una missione: raggiungere la fontanella. Peccato che disti 400 metri, tutti in salita, sotto il sole a picco, tra radici traditrici e cani liberi che vogliono giocare con il tuo stinco.

Quando arrivi, ti accoglie un rivolo d’acqua che scorre con la velocità narrativa di un documentario sulla fotosintesi in lingua originale. Ma è gelida. È pura. È un miracolo liquido. Peccato solo per la fila: tre runner disidratati, un cane che beve con la lingua intera e un tizio con un secchio (perché? per chi? non lo sapremo mai).

Voto: 10/10 all’acqua. 4/10 alla distanza e alla fila. La salvezza, ma devi sudartela.

8. Il pallone

Senza pallone non è picnic. Ma lui ha un solo scopo: sabotare. Non rimbalza mai nel prato vuoto – no – colpisce sempre con precisione chirurgica la tua insalata di farro, il bicchiere appena versato, la signora che stava leggendo “L’amica geniale” in pace. È come se avesse un GPS impazzito che lo guida dritto verso tutto ciò che è fragile, commestibile o sacro. Quando non urta le provviste, rimbalza addosso a pitbull nervosi o dentro culle incustodite.

Voto: 5/10, ma solo perché è tradizione.

9. La zanzara stratega

Di giorno non dovrebbero esserci. Ma lei c’è. Unica, leggendaria, infame. È la zanzara ninja, vestita d’ombra, addestrata a colpire quando abbassi la guardia. Ti punge nella piega del ginocchio mentre stai in equilibrio su un fianco per non rovesciare il cous cous. Ti pizzica il collo mentre parli con tono seducente a una nuova conoscenza.
È talmente silenziosa che cominci a dubitare di te stessə: sono punture o angoscia da picnic?

Voto: 1/10, non merita spiegazioni. Solo il rispetto dovuto a un nemico potente.

10. Le cose gourmet che nessuno tocca

C’è sempre qualcuno che si sveglia con slancio creativo e decide: “Quest’anno porto qualcosa di diverso”. Ed ecco che arriva il trionfo del concept: hummus di barbabietola, mini quiche vegane al porro, insalatina di farro con vinaigrette allo yuzu e disprezzo implicito per chi mangia patatine.
Vengono fotografate, elogiate, analizzate. Ma restano lì, intatte. Mentre le pizzette spariscono in 4 minuti e la focaccia unta viene contesa come l’ultimo mojito a una festa noiosa.

Voto: 4/10, per l’impegno e l’estetica. Ma alla fine vince il comfort food. Sempre.

11. Il sole a picco solo su di te

All’inizio era una bellissima giornata. Ma ora il sole ti picchia sulla fronte come un giudizio divino. Hai spostato la tovaglia tre volte per cercare l’ombra, ma ogni volta l’ombra si ritira, come un’amicizia passiva-aggressiva. Ora sei solə, cotto e abbandonato, in modalità involtino primavera. Gli altri? Protetti da ombrelloni professionali, cappelli da safari, alberi genealogici di querce. Tu sembri una patata in cartoccio.

Voto: 1/10, effetto grigliata umana. Con rosolatura uniforme.

12. Ok, chi raccoglie tutto adesso?

Il nemico finale. Il boss di fine livello. Dopo ore di carboidrati, chiacchiere, briciole e spensieratezza, arriva lui: il momento della pulizia.
Nessuno si alza. Tutti improvvisamente ciechi, monchi, col mal di schiena. C’è chi finge una telefonata urgente, chi sparisce nel bosco “solo un attimo” e chi tenta di trasformare un bambino in addetto al riciclo.
Ma va fatto. Sempre.

Voto: 2/10, perché è necessario, ma l’anima piange.

Voto complessivo del picnic

Un’esperienza magica, caotica, piena di insidie, ma con una buona percentuale di felicità.
E alla fine, ti ritrovi sempre a dire: “Rifacciamolo presto!”
Spoiler: non succede mai prima di giugno prossimo.

7/10.

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