di Chiara Fantasia
Arriva nella vita di ciascuno di noi il momento in cui è essenziale far pensare di capirci qualcosa. Che sia un primo appuntamento, un’uscita con amici o una cena coi colleghi, ci sono occasioni in cui non puoi proprio permetterti di rispondere “non lo so”. Prendi ad esempio questa scena: birrificio artigianale, nessuna etichetta familiare, birraio prescioloso che non ha voglia di spiegare quello che per lui è ovvio. È l’ora dell’aperitivo, il locale è pieno e il tempo scarseggia. Cominci a sudare. In un attimo — lo stesso che serve al tuo gatto per saltare sulla mensola con il vaso di nonna in bilico — analizzi tutte le opzioni. Il colore? Gialla sarà più leggera? Marrone sarà una doppio malto? Boh. Il birraio ti guarda come se gli stessi rubando preziosissimi minuti di vita. Provi a decifrare i nomi: criptici, solenni, e per nulla evocativi. Alla fine, ti arrendi e la questione si risolve nell’unico modo possibile: scegli a caso “la terza” e ti ritrovi tutta la sera a corrucciare la fronte, schioccare la lingua e maledire la tua ignoranza in fatto di stili di birra.
Una mappa per orientarsi nel mondo della birra
Partiamo dalle basi. Esistono tre grandi famiglie stilistiche: le birre ad alta fermentazione (Ale), quelle a bassa fermentazione (Lager) e le birre a fermentazione spontanea. Le Ale, tipiche delle tradizioni anglosassoni e belghe, sono spesso ricche di aromi fruttati e speziati. Le Lager, diffuse in Germania e Repubblica Ceca, si caratterizzano per un gusto più pulito e una maggiore facilità di bevuta. Le birre a fermentazione spontanea, come le Lambic belghe, nascono invece da processi naturali che conferiscono loro profili acidi e complessi.
Tecnicamente, “Ale” e “Lager” si riferiscono ai ceppi di lievito utilizzati (rispettivamente Saccharomyces cerevisiae e Saccharomyces pastorianus) e non a veri e propri stili. Inoltre, alcune birre ad alta fermentazione, come quelle ibride, non rientrano perfettamente nella categoria delle Ale.
Questa veloce classificazione aiuta intanto a comprendere la diversità degli stili di birra e ad avere una prima idea su cosa stai per bere. Pur con queste semplificazioni, resta una distinzione utile e valida per orientarsi nel mondo della birra, soprattutto se ti avvicini per la prima volta all’argomento.

Pilsner
La Pilsner nasce nel 1842 a Plzeň, in Boemia, come risposta al desiderio di creare una birra limpida, stabile e beverina. Il birraio bavarese Josef Groll fu il primo a impiegare lieviti a bassa fermentazione in combinazione con malto chiaro e luppolo Saaz, ottenendo una birra dorata, brillante e dall’aroma erbaceo inconfondibile.
Oggi è tra le birre più imitate al mondo. Il sapore è secco, elegante, con un amaro ben bilanciato e persistente. L’olfatto è dominato da note floreali e speziate, tipiche del luppolo boemo, al palato rimane fresca e pulita. Leggera, ma comunque ben strutturata, va servita ben fredda e si accompagna splendidamente a piatti semplici e salati.
È perfetta per chi cerca una birra immediata ma di carattere. Difficile sbagliare.
Weizen
Le Weizen (o Weissbier) sono le classiche birre di frumento tedesche, nate in Baviera e tuttora simbolo della cultura brassicola locale. Caratterizzate da una fermentazione alta, prevedono almeno il 50% di malto di frumento e un ceppo di lievito che regala profili aromatici unici.
Il colore è giallo paglierino intenso, spesso torbido per la presenza di lieviti in sospensione. Al naso emergono profumi di banana matura e chiodi di garofano, a volte con una punta agrumata. In bocca è morbida, vivace, leggermente acida. Non è particolarmente amara, il che la rende molto accessibile anche ai palati meno allenati.
È la scelta perfetta per chi ama birre profumate, cremose e dissetanti, da bere anche in estate.
Lambic
Il Lambic è uno stile di birra unico al mondo, prodotto esclusivamente nella valle della Senne, in Belgio, e nel Pajottenland, la zona rurale circostante. Secondo la denominazione protetta, solo le birre prodotte in quest’area possono essere ufficialmente chiamate Lambic. Si ottiene tramite fermentazione spontanea: nessun lievito inoculato, ma un’esposizione diretta all’aria del luogo, ricca di microflora naturale. L’impiego di frumento non maltato, l’invecchiamento in botti e il tempo – anche anni – ne fanno una birra profondamente diversa.
Il colore va dal dorato all’ambrato spento, spesso velato. L’aroma è pungente, con note di cantina, cuoio, mela verde e limone. Al palato è acidula, secca, vinosa, a tratti ossidativa. Non esistono due Lambic uguali: ogni botte, ogni annata, è un piccolo ecosistema.
È consigliata a chi ama i sapori ruvidi, autentici, e vuole uscire dai confini delle birre convenzionali.
IPA (India Pale Ale)
L’India Pale Ale nasce nell’Inghilterra del XVIII secolo come versione rinforzata delle Pale Ale destinate alle colonie, con più alcol e luppolo per garantirne la conservazione. Oggi è uno degli stili più popolari e variegati del panorama birrario mondiale.
Le IPA inglesi si distinguono per note floreali, terrose e speziate, mentre le versioni americane puntano su profumi esplosivi di agrumi, resina e frutta tropicale. Il colore oscilla tra il dorato e l’ambrato, la schiuma è persistente, e l’amaro spesso marcato. In bocca può essere secca e pungente o più morbida, a seconda della sottofamiglia.
È lo stile perfetto per chi ama i sapori decisi, da affrontare con curiosità e senza timore del luppolo.
Cold IPA
La Cold IPA è un’invenzione recente, nata nel 2018 negli Stati Uniti per coniugare la luppolatura aggressiva delle West Coast IPA con la pulizia fermentativa delle lager. Si tratta di una birra ibrida, in cui si utilizzano generalmente lieviti lager (a bassa fermentazione), ma fermentati a temperature più elevate rispetto a quelle delle lager tradizionali. In alcuni casi si usano anche lieviti ale a basse temperature. Da qui il nome “Cold IPA”.
Alla vista è limpida e di un dorato intenso. L’aroma è esplosivo: agrumi, frutta tropicale, resina. In bocca è secca, scattante, con amaro deciso ma bilanciato da una base maltata molto asciutta (spesso grazie all’uso di riso o mais). Risulta quindi estremamente beverina nonostante il tenore alcolico spesso elevato.
È consigliata a chi ama le IPA ma desidera una versione più netta, diretta e dissetante, con tutta l’aromaticità, ma senza le sfumature caramellate o la dolcezza tipica delle versioni più tradizionali.
Gueuze
La Gueuze è una birra complessa ottenuta dall’assemblaggio di Lambic giovani (1 anno) e maturi (fino a 3 anni), che fermenta nuovamente in bottiglia, sviluppando carbonazione naturale. È uno stile profondamente belga, considerato lo champagne delle birre per l’effervescenza e la finezza gustativa.
Si presenta dorata, opalescente, con schiuma leggera e persistente. All’olfatto, un viaggio tra note acide, fruttate (mela, albicocca secca), funky (cuoio, cantina) e legnose. Il gusto è secco, acido, stratificato, spesso con un finale leggermente tannico. La complessità della Gueuze la rende perfetta per l’invecchiamento, e spesso migliora col tempo.
È la birra da proporre a chi ama i vini naturali o la cucina fermentata: un prodotto da meditazione, ma anche un ottimo abbinamento gastronomico.
Kölsch
Nata e prodotta esclusivamente a Colonia, la Kölsch è un ibrido stilistico unico: alta fermentazione con maturazione a bassa temperatura, come una lager. Le prime versioni di birre simili risalgono al XVII secolo, ma la Kölsch moderna – chiara, limpida e leggera – prende forma solo nel Novecento.
Alla vista è limpida, giallo dorato chiaro, con schiuma compatta. Il profumo è delicato: fiori bianchi, cereali, un leggero fruttato. In bocca è snella, secca, con un accenno erbaceo dato dal luppolo tedesco. Nessuna spigolosità, ma anche nessuna banalità. Si serve tradizionalmente in cilindri da 20 cl (stangen), a sottolinearne la bevibilità e la freschezza.
Perfetta per chi ama le birre eleganti, sobrie e precise, e vuole qualcosa di semplice ma mai scontato.
Stout
Nera, opaca, con schiuma cremosa e compatta: la Stout è la quintessenza delle birre scure. Nasce in Inghilterra nel XVIII secolo come evoluzione della Porter, da cui eredita la robustezza, ma se ne distacca perché ha tendenzialmente più alcol e tostature più pronunciate. Oggi è legata soprattutto alla tradizione irlandese, con esempi iconici come la Guinness.
All’olfatto emergono aromi di caffè, cacao amaro, pane nero e liquirizia. In bocca le varianti spaziano dalla secca e leggera Dry Stout alla vellutata Milk Stout, fino alle poderose Imperial Stout, dense e complesse.
È la scelta ideale per chi ama le bevande tostate, intense e dal profilo aromatico profondo.
Saison
La Saison è uno stile rustico nato in Vallonia, Belgio francofono, pensato per dissetare i braccianti agricoli nei mesi estivi. Una birra contadina, semplice solo in apparenza: le sue mille sfumature dipendono dal lievito, dagli ingredienti locali e dall’interpretazione del birraio.
Il colore va dal dorato al leggermente aranciato, con velature tipiche e schiuma generosa. Al naso esplodono spezie naturali (pepe, coriandolo), frutta matura e un accenno di terra umida. Il sorso è vivace, secco, con acidità gentile e grande bevibilità. Alcune versioni moderne includono lieviti selvaggi che aggiungono profondità.
È consigliata a chi ama le birre non convenzionali, profumate, fresche e capaci di sorprendere con ogni bottiglia.
Bitter (inglese)
La Bitter è lo stile da pub per eccellenza: quotidiano, autentico e conviviale. Nata nel Regno Unito, è la birra che si beve a pinte, chiacchierando al bancone.
Si presenta con una tonalità che va dall’ambrato al rame, limpida, con schiuma fine. Al naso si avvertono profumi di biscotto, pane, nocciola e una lieve presenza floreale e terrosa dei luppoli inglesi. In bocca è leggera, rotonda, con un equilibrio perfetto tra dolcezza e amaro, e un basso grado alcolico (3,5–4,5%) che invita alla seconda pinta. Esistono diverse interpretazioni (Ordinary, Best, Strong Bitter), ma lo spirito resta lo stesso. È la birra perfetta per chi vuole una bevuta sincera, di compagnia.
American Amber Ale
L’American Amber Ale è figlia della rivoluzione artigianale statunitense: nasce come variante più maltata e ambrata delle Pale Ale, mantenendo però una decisa impronta luppolata.
Alla vista è ramata, limpida, con schiuma compatta. L’olfatto mescola note calde di caramello, biscotto e frutta secca con accenni agrumati e resinosi dei luppoli americani. Il sorso è pieno ma non pesante, con un corpo medio e un finale bilanciato, in cui l’amaro pulisce e rinfresca. Più ricca di una Bitter inglese, conserva però la sua anima conviviale.
È la scelta ideale per chi cerca una birra rotonda e appagante, con aromi riconoscibili ma non invadenti.
Tripel
La Tripel è una birra belga dalla duplice natura: potente ma elegante, alcolica ma secca, ricchissima eppure finemente equilibrata. Nata tra le abbazie trappiste, si presenta con un colore dorato brillante e una schiuma bianca e persistente. Il profumo spazia dalla frutta matura (banana, pera, albicocca) alle spezie dolci (chiodi di garofano, pepe bianco) e al miele. Al gusto è calda ma agile, con un finale asciutto che la rende sorprendentemente beverina nonostante l’8–9% di alcol.
È una birra da meditazione, adatta a tavola ma anche in degustazione. Perfetta per chi ama vini bianchi strutturati o spumanti secchi, e vuole una birra complessa.
APA (American Pale Ale)
L’APA nasce negli anni ’80 come reinterpretazione americana della Pale Ale inglese, utilizzando ingredienti locali — in primis i luppoli della West Coast. Alla vista è dorata o ambrata, limpida, con schiuma fine. Il bouquet è inconfondibile: agrumi freschi, frutta tropicale, resina di pino. Al gusto è più equilibrata di molte IPA: ha corpo medio, amaro moderato e un finale secco e pulito. Meno impegnativa di una IPA, più aromatica di una lager, è diventata lo stile ponte tra il consumo industriale e la birra artigianale.
È perfetta per chi si affaccia per la prima volta al mondo delle birre luppolate e cerca un’introduzione vivace, ma non estrema.