Marketing olfattivo: ecco come ti fregano i fast food

di Bruno Caligiuri

Stai camminando tranquillo, diretto a casa con le più nobili intenzioni dietetiche (tipo insalata e petto di pollo) e, improvvisamente, quel riconoscibilissimo odore di patatine fritte e hamburger ti arriva al naso con la grazia – e le stesse intenzioni – di una nonna napoletana che scopre che non hai mangiato. Benvenuto nel mondo del marketing olfattivo. Un’arte con cui i fast food ti tirano dentro come il canto delle sirene, solo che al posto delle voci seducenti ci sono fritti all’olio di colza e quello alla prova non è Ulisse ma sei tu.

Se vuoi capire da dove nasce tutto questo, come funziona e, soprattutto, se c’è un modo per non farsi fregare, seguimi e sarò lieto di essere la tua maga Circe.

Il naso pensa al posto tuo 

Il marketing olfattivo è una strategia di persuasione che sfrutta il potere dell’olfatto per orientare i tuoi comportamenti, soprattutto quando si tratta di fame e acquisti. Il nostro sistema olfattivo è molto più sofisticato di quanto crediamo. Gli odori viaggiano rapidamente verso il sistema limbico, la parte del cervello responsabile delle emozioni e della memoria. Per certi versi, annusare equivale a ricordare, e ricordare è provare qualcosa. I fast food giocano su questa connessione emotiva, progettando aromi capaci di risvegliare sensazioni che associ automaticamente al piacere. Non è per nulla una magia, è neuroscienza applicata al marketing.

Gli aromi su misura

La particolare branca del marketing che mira a coinvolgere i sensi del consumatore per influenzarne le decisioni è detta sensoriale. Non solo vista e tatto: anche udito, gusto e olfatto giocano un ruolo chiave. Il branding olfattivo, in specie, è la pratica di creare un’identità olfattiva specifica per un marchio.

Sotto il profumo dei fast food, perciò, si nasconde un mondo quasi da romanzo distopico, dove ciò che si percepisce non nasce proprio dalla padella, ma da una provetta in laboratorio. Le grandi catene assumono veri e propri esperti per cucire su misura l’aroma perfetto. L’obiettivo? Creare uno che ti dica: “Entra. Siediti. Mangia. Sei felice. Ricordalo”. Ah, funziona così bene anche perché, spesso, diversi diffusori sparano tali fragranze in momenti e in luoghi strategici, come per esempio nei pressi di una stazione centrale a mezzogiorno. 

Addio libero arbitrio: sei davvero tu a scegliere?

Così mentre credi di agire con consapevolezza, la verità dei fatti è che il tuo naso ti ha indotto a varcare la porta del fast food. Certo che c’è qualcosa di inquietante nell’idea che un odore possa decidere al posto nostro, vero? Quando una scelta è influenzata da stimoli sensoriali progettati per superare le difese razionali, possiamo davvero chiamarla libera? Il branding olfattivo, se usato con trasparenza e rispetto, è un utile strategia volta a migliorare l’esperienza del consumatore. Ma quando diventa uno strumento per spingere all’acquisto, aggirando la coscienza, sfocia in una forma sottile di manipolazione. I fast food sono solo la punta dell’iceberg: tutto il mondo del retail adotta fragranze sviluppate ad hoc. Se lo fa una boutique di lusso è chic, se lo fa un fast food ci sembra quasi una truffa sensoriale.

Non cascarci (sempre) è possibile

Quindi, ogni volta che annusi, qualcuno potrebbe aver già deciso per te. Essere consapevoli di questo è già metà della difesa. Sapere che certi odori sono stati progettati per manipolarti è il primo passo per riconoscerli. Perciò, la prossima volta che senti un aroma di cibo e avverti quell’incredibile sensazione di déjà vu, chiediti se il profumo arrivi veramente dalla cucina o se sia solo sparato dall’impianto di ventilazione. Ricorda che il nostro cervello è un gran dissipatore di energie e ama le scorciatoie. L’olfatto è una delle più potenti.

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