Provato per voi: Berberè a San Lorenzo

Berberè arriva a San Lorenzo con la forza gentile di un progetto che unisce ricerca, etica e identità. Nella pizzeria dei fratelli Aloe, la pizza diventa un organismo vivo, radicato nella tradizione e proiettato verso il futuro.

Provato per voi: Berberè a San Lorenzo - immagine di copertina

San Lorenzo è uno di quei quartieri che non si lasciano capire subito. Ti accoglie con i suoi contrasti, le scritte sui muri, i palazzi bassi che sembrano trattenere il respiro di un’altra epoca. È un luogo che ti osserva, prima di concederti la sua fiducia. Eppure, tra le saracinesche colorate e i cortili nascosti, la sensazione è sempre quella di essere a casa. Proprio qui, dove la gentrificazione avanza (anche se a passi incerti), ha trovato spazio una nuova sede di Berberè. La pizzeria si inserisce nel cuore del nuovo The Social Hub, lo studentato sorto al posto dell’ex Dogana, oggi trasformato in un centro pulsante di vita contemporanea tra hotel, coworking, palestra, spazi per eventi. Una bolla di lusso nel cuore del quartiere storico, da cui però si sente ancora il treno passare: un promemoria rumoroso del fatto che San Lorenzo non ha perso la sua voce, l’ha solo modulata su un ritmo nuovo.

La storia di due fratelli e di un’idea semplice

Era il 2010 quando i fratelli calabresi Matteo e Salvatore Aloe trapiantati a Bologna hanno lasciato i panni di studenti di economia per trasformarsi in attenti imprenditori. La loro idea era tanto semplice quanto radicale: restituire alla pizza la dignità del piatto popolare, buono e curato, ma privo di quella patina artificiosa che spesso ne offusca l’anima. Così aprono il primo locale a Castel Maggiore, alle porte di Bologna, e da quel momento Berberè diventa un progetto in costante evoluzione.

Oggi l’azienda conta ventuno pizzerie in Italia (tra Roma, Bologna, Torino, Milano, Firenze, Rimini, Verona e Modena) e quattro a Londra, un team di oltre trecento persone e un’identità che non ha mai smesso di crescere. Non solo per i numeri, ma per la coerenza con cui ha scelto di studiare la fermentazione, le farine e le materie prime italiane, costruendo un modo diverso di pensare la pizza: più naturale, più conviviale, più viva.

L’importanza dell’impasto

Tutto parte dall’impasto, il vero centro del progetto Berberè. Le farine sono semintegrali e biologiche; macinate a pietra, mantengono parte delle fibre e dei nutrienti del grano. L’impasto viene preparato ogni giorno in ciascun locale con farina, acqua e lievito madre vivo, e riposa per ventiquattro ore a temperatura controllata. Il lievito madre vivo è una miscela di farina e acqua che contiene lieviti e batteri naturalmente presenti nell’ambiente. Durante la fermentazione questi microrganismi si nutrono degli zuccheri della farina, producendo gas e acidi che fanno crescere l’impasto e ne determinano il sapore. È un processo più lento rispetto all’uso del lievito di birra, ma permette di ottenere una struttura più elastica e maggiore digeribilità. Il risultato è una base morbida e asciutta per una pizza italiana con bordi croccanti e una buona tenuta.

A cena sono disponibili anche impasti alternativi: quello realizzato con idrolisi degli amidi, senza lieviti aggiunti e ottenuto tramite autofermentazione del grano spezzato, e il Biodiverso, un multicereali con otto farine e quattro semi. Scelte tecniche, più che stilistiche, che rispecchiano un lavoro costante di ricerca sulla fermentazione e sulla digeribilità.

Berberè: una bolla luminosa dentro San Lorenzo

Il nuovo Berberè di San Lorenzo vive all’interno dello spazio riqualificato dell’ex Dogana, in quella parte di Roma che sembra muoversi su due piani — la nostalgia popolare e la nuova estetica urbana. L’ingresso, protetto da un cancello e da un portiere, introduce in una sorta di microcosmo sospeso: un giardino curatissimo e l’hotel imponente. E poi il locale, ampio e luminoso all’interno, con quel mood industriale che profuma di città europee, e un dehor essenziale ma curato. Dall’esterno somiglia a una navicella spaziale atterrata in un quartiere di case basse. Lo staff — giovane, rapido, attento — si muove con la naturalezza che racconta un lavoro di squadra ben rodato.

Il menù

Poche pizze, ingredienti selezionati, prezzi giusti. Il menu è breve e senza troppi fronzoli, un modo onesto di dichiarare la propria identità.

Senza perderci in mille combinazioni o ripensamenti, come accade con menu dispersivi e sovraccarichi, la scelta è stata immediata. Abbiamo iniziato con i supplì, uno cacio e pepe e l’altro classico (con la carne all’interno) che merita davvero attenzione: strutturato, saporito, eppure perfettamente equilibrato.

Quando la pizza arriva, è già tagliata in otto spicchi. Un gesto semplice, ma che anche è una dichiarazione di intenti: invita alla condivisione, permette a tutti di assaggiare, di scoprire più gusti senza l’obbligo della scelta definitiva.

Berberè San Lorenzo

Abbiamo scelto una Margherita con impasto classico, morbida e fragrante, semplice e diretta, precisa nei sapori. Poi la Bologna (mortadella, patate schiacciate all’olio, fiordilatte campano, pesto di basilico con mandorle) con impasto a idrolisi: leggera, ariosa, sorprendentemente digeribile.

I prezzi sono assolutamente popolari: si va dai 6,5 euro della Marinara e 8,5 della Margherita ai 13.50 della Crudo e Burrata.

Berberè San Lorenzo

Una bella esperienza dunque. L’impressione generale è quella di una realtà curata, di una cucina che non ha bisogno di effetti speciali per convincerti. Berberè a San Lorenzo funziona, e lo fa perché riesce a essere contemporaneo senza diventare pretenzioso, e popolare senza scadere nella banalità. È un luogo che porta un’idea precisa di pizza dentro un quartiere che, come quella pizza, vive di fermenti e contrasti.

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Berberè pizzeria

Viale dello Scalo S. Lorenzo, 10, Roma 

 

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