Le 10 controversie in cucina che hanno il potere di distruggere coppie e famiglie

Dalla pasta troppo cotta al burro, passando per la faida tra pizza napoletana e romana: ecco le dieci controversie in cucina che mettono a dura prova la convivenza familiare. Perché tra i fornelli si combattono le guerre più silenziose.

Le 10 controversie in cucina che hanno il potere di distruggere coppie e famiglie - immagine di copertina

Succede tutto a tavola. Amori che sbocciano, litigi che esplodono, drammi che si consumano. Ma se c’è una cosa capace davvero di mettere a rischio la pace familiare (più di una cena con i suoceri) sono proprio le controversie in cucina. Gesti quotidiani, all’apparenza innocui, diventano rapidamente terreno di scontro aperto: basta un soffritto fatto alla maniera della nonna sbagliata o una pasta cotta oltre il dovuto. Perché ognuno ha la sua verità, e nessuno è disposto a cedere. Le controversie in cucina sono un fenomeno sottovalutato, ma potentissimo: mettono in crisi convivenze, minano equilibri e trasformano la cena in un campo di battaglia domestico. Ecco dieci casi emblematici di catastrofe annunciata.

Sale: chi mangia sciapo e chi cerca l’ipertensione

Sale

C’è sempre qualcuno che dosa il sale “a occhio” e qualcun altro che lo sente anche a chilometri di distanza. Alcuni mangiano sciapo per scelta salutista, altri hanno il palato allenato alle cucine saporite. Il risultato? Piatti insipidi per qualcuno, salatissimi per altri. Inutile dire che quando uno dei due cucina per tutti, il rischio di guerra salina è altissimo. E guai a suggerire di correggere in tavola, quel “passami il sale” sarà percepito come un affronto personale.

La cottura della pasta: al dente o ben cotta?

pasta

Qui non si scherza. C’è chi vuole la pasta al dente, con quel morso deciso che lascia percepire l’anima del rigatone tra le fauci, e chi la vuole morbida, cedevole, quasi flaccida. In mezzo ci sono quelli che dimenticano il timer e quelli che assaggiano ogni minuto come se fosse un test da MasterChef, finendo i fusilli prima che vengano scolati. La cottura della pasta è un rito, e se lo sbagli hai infranto un patto sacro. Soprattutto se in casa c’è un nonno meridionale o una mamma emiliana. Che-dio-ce-ne-scampi.

Il riso: morbido o croccante?

Risotto

Una volta, un grande chef del Nord mi spiegò che nei risotti, la parte croccante — sì, proprio quella — dovrebbe essere il riso stesso. Incredibile ma vero: tra Milano e Vercelli, la cottura è un esercizio di minimalismo zen. Il chicco va tostato, certo, ma mai stracotto. Deve resistere al morso quel tanto che basta per bilanciare la cremosità del condimento. Perché senza quella tensione tra il dente e la crema, addio equilibrio, addio buongusto, addio piatto da ricordare. Al Sud, invece, si cambia registro: il riso è morbido, cedevole, avvolgente. Una crema nella crema, e guai a lasciare anche solo l’ombra di una croccantezza. L’Italia è spaccata — come spesso accade — anche su questo. E finché non ci mettiamo d’accordo sulla consistenza del riso, un conflitto civile non è del tutto da escludere.

Pizza napoletana o pizza romana?

pizza

Alta, morbida e col mega-cornicione, o sottile e croccante come una scrocchiarella? La questione pizza è tra le più divisive d’Italia. La napoletana ha i suoi adepti che la venerano come patrimonio UNESCO (che poi lo è davvero), mentre i fan della romana non tollerano l’effetto “palude” che si crea al centro della cugina partenopea: talmente flaccida che al primo morso il condimento scivola giù, implacabile. E poi quel cornicione, prepotente e panoso, che sembra chiedere attenzione più della mozzarella. C’è chi riesce ad amare entrambe — ma non nella stessa cena. E, spesso, nemmeno nella stessa famiglia.
Ps.: sulla pizza ascolta questo podcast!

Il soffritto: con o senza aglio?

Soffritto

Sembra una sciocchezza, ma ha rovinato più pranzi del sugo bruciato. L’aglio va messo? E se sì, intero, schiacciato, tritato? Va tolto prima di servire o lasciato come segnale di identità culinaria? Ogni famiglia ha una regola non scritta, spesso tramandata con tono dogmatico. Il problema è che l’aglio divide: c’è chi lo ama, chi lo tollera, chi lo fiuta a tre metri di distanza e smette di mangiare al primo morso. Un piccolo bulbo che può generare rancori silenziosi e offese irrimediabili. Altro che peperoncino: è lui il vero elemento piccante del soffritto.

Le uova: nel frigo o fuori dal frigo?

Uova

Qui non si parla di semplice conservazione: si parla di faide intergenerazionali. La nonna materna dice: “Ma secondo te perché al supermercato le tengono fuori? E tu le metti dentro?” con quello sguardo da sentenza definitiva. Piero Angela il figlio Alberto e tutta la redazione di Quark. Quella paterna, con tono da matriarca del freddo, replica: “Giammai! La roba si rovina!” E tu, nel mezzo, cresci con questo dilemma esistenziale, peggio di un “a chi vuoi più bene, alla mamma o al papà?”. Alla fine ti arrendi: smetti di comprare uova. Così, per evitare di deludere qualcuno. Ma il trauma resta, ogni volta che passi davanti a uno scaffale refrigerato.

Il burro: elisir di lunga vita o demonio?

Burro

In ogni famiglia c’è almeno un soggetto geneticamente benedetto: quello che mangia burro a cucchiaiate e rimane secco come una grissino, convinto portavoce del cosiddetto “paradosso francese” — più burro mangi, meglio stai. L’altro fronte, invece, vive nel terrore lipidico: dosa l’olio con il contagocce, pesa le mandorle e guarda il burro come fosse il villain di una saga vampiresca — tipo “Butter Salvatore”, fratello ingrassante di Damon e Stefan. A tavola, la tensione è palpabile: uno spalma con gaudio, l’altro sbianca. E il toast del mattino diventa un terreno minato.

La colazione: dolce o salata?

Colazione

È mattina, ma già si litiga. C’è chi si sveglia sognando brioche calde, marmellata fatta in casa e caffè fumante, e chi invece pretende uova, pane tostato, salmone affumicato e magari una fetta di formaggio stagionato — tutto prima delle otto. I mondi non comunicano. Anzi, si guardano con sospetto. I fan del salato accusano i golosi del dolce di infantilismo glicemico, mentre questi ultimi replicano che svegliarsi con il burro d’arachidi è roba da bodybuilder scandinavi. Il vero problema, però, emerge in cucina: un tostapane conteso, un frigo aperto troppo a lungo, il rumore insopportabile della centrifuga. Ed è subito guerra fredda. A colazione.

Vino rosso o vino bianco?

sagre vino

Certe famiglie si sono spaccate su questo più che sull’eredità della nonna. C’è chi vive secondo il codice enogastronomico tradizionale: rosso con la carne, bianco col pesce, e guai a sgarrare. Poi arrivano gli iconoclasti, quelli che servono Champagne sul bollito, o Vermentino con la cacciagione “perché sennò è troppo pesante”. Il vino, più che bevanda, è identità. E a tavola si fa presto a passare da sommelier a traditore. I più integralisti temono i vini naturali come fossero una setta esoterica: senza solfiti? Ma siamo matti? Eppure, in fondo, è solo un bicchiere. O forse no: è l’intero patrimonio genetico di chi lo versa.

Pasti leggeri o pasta ogni giorno?

fatti una pasta

Torniamo sul campo minato della dieta, già lambito con la questione burro. Da un lato ci sono gli asceti del piatto vuoto: vivono di zuppe, insalatone, centrifugati e fette di bresaola quando non è il tristissimo tacchino. Pesano tutto e sognano la quinoa come altri sognano un viaggio alle Maldive. Dall’altro ci sono i partigiani della pasta: per loro il carboidrato è un diritto naturale, da esercitare ogni giorno, possibilmente con sugo. In mezzo? Solo frustrazione: chi aspettava una carbonara si trova un’insalatina scondita, chi bramava detox si ritrova col ragù. La convivenza è fatta di compromessi, certo. Ma qui si combatte trincea dopo trincea, forchetta contro forchetta.

tags: Attualità

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