Mi prendo la responsabilità di ciò che sto per scrivere, ma due indizi fanno una prova.
Negli ultimi sei mesi mi sono ritrovato a mangiare per due volte in una steakhouse turca e non ne sono uscito soddisfatto. E se state pensando “ma chi è che va a mangiare nelle steakhouse turche?” vi capisco, per cui è necessario un minimo di contesto.
Avete presente Salt Bae, il macellaio con gli occhialetti da sole che ha fatto milioni (perlomeno di follower Instagram e Tik Tok) lasciando cadere sale grosso sul suo gomito per poi farlo finire in piatti a base di carne? Ecco, Salt Bae è turco, ed è l’emblema delle steakhouse turche.
Sinceramente non so se nasca prima l’uovo o la gallina — Salt Bae o il concept di steakhouse turca — ma non lo voglio nemmeno sapere. Ciò che so è che questo genere di ristoranti sono molto incentrati sugli spettacoli, sull’instagrammabilità, su fuoco e fiamme, ma poco sulla carne. Peccato che siano delle steakhouse.
Ma allora cosa ci sei andato a fare?
In realtà non ci sono andato di proposito. Un giorno ero in Francia, Paese in cui in certe viette le brasserie regalano un profumo di carne alla griglia che fa venire l’acquolina in bocca, e avevo voglia di una bistecca. Ahimè ho cercato online dove mangiarla e mi sono imbattuto in quella che poi avrei scoperto essere una steakhouse turca. Ma prima di cenare ne ero ignaro: buone recensioni, belle foto di frigoriferi con diversi tagli di carne, si parlava di marezzatura, e così via.
Arrivo al ristorante e all’apparenza tutto bene. Ogni taglio di carne poteva essere ordinato con l’oro — intendo un’intera costata ricoperta da oro edibile — per cui ogni piatto aveva due prezzi, con o senza oro.
Il piatto consigliato con tanto di stelline e ghirigori era un filetto cotto al tavolo, ma per fortuna mentre pensavo a cosa ordinare l’ho visto servire al tavolo a fianco: pietra ollare, liquidi strani per fare fiamme, e una carne tagliata a fettine sottili. Si va di burro dentro il vassoio di pietra ollare, molto burro, poi carne, liquido, accendino, fiammone, tutti che fotografano e fanno video e piatto in tavola. Io tra me e me penso “l’avrà stracotta per forza quella povera fettina di carne” e decido quindi di ordinare un altro taglio.
Vado sulla ribeye, posso scegliere anche la pezzatura tra 200, 400 e 600 grammi, e ordino l’opzione di mezzo. Cottura? Medium-rare, che non si sa mai.
Mi servono quattro — e dico quattro! — fettine di carne stracotte da 100 grammi l’una. In pratica non stavo scegliendo la pezzatura, ma il numero di fettine stracotte che avrei mangiato.
Avete capito bene: prendono delle costate, delle fiorentine, dei filetti, li tagliano in fettine sottili e te li servono (spesso stracotti), in modo da poter fare coperture d’oro, fuochi e fiamme. E la gente è contenta di fare il video!
Me ne vado abbastanza incattivito…
Ma non è finita qui
Sarà stato un caso, capita.
E invece no, mesi dopo ci sono ricascato! Stessa situazione, stavolta in Marocco: ho voglia di mangiare carne, cerco un buon ristorante online, belle recensioni, belle foto, tutti contenti. Arrivo al ristorante e mi è tutto subito più chiaro: anche qui spettacoli di fuoco e fiamme, granelli di sale grosso che volano tra i tavoli, sciabole, occhiali da sole, baklave vivisezionate, capelli raccolti a coda…
Cerco di mettere una toppa, ormai sono lì: concordo con la mia ragazza che avremmo ordinato un solo piatto di carne, e poi dell’hummus e altri piatti tipici, per non rischiare di rovinare completamente la cena.
Ma, ahimè, ancora queste maledette fettine stracotte…
La prossima volta che tornerò in una di queste steakhouse turche lo farò con amici fiorentini: mangerò delle fettine stracotte, ma sicuramente mi farò qualche risata.
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