Elio all’ Hoxton Hotel di Roma | Rece Rock

di Alex Giuliani

Foodzilla ha deciso nuovamente di mandarmi in missione in un quartiere della Roma bene, in questo caso ai Parioli. L’ultima volta che avevo messo piede da queste parti è stato per andare a giocare al Bowling di viale Regina Margherita la domenica pomeriggio, insieme a numerosi filippini che lavorano come collaboratori domestici qui intorno ed hanno il giorno libero. Ovviamente io ero comunque il più povero della sala e mi guardavano dall’alto verso il basso, nonostante i loro 150 centimetri di statura media.

Come se non bastasse, Elio si trova all’interno del lussuoso Hoxton Hotel (Largo Benedetto Marcello, 220), ovvero uno di quei posti dove una stanza costa 595 euro a notte e in cui potrei entrare solo travestito da fattorino come faceva il Conte Mascetti in Amici Miei, quando saldava il conto col sistema del rigatino. Per fortuna il gentilissimo personale mi lascia entrare senza problemi e senza perquisizioni nonostante non indossi il piumino smanicato trapuntato d’ordinanza che il 99% degli uomini dei Parioli portano in ogni stagione.

La sala dedicata al ristorante è davvero molto bella, classica ed elegante, ma l’illuminazione estremamente fioca mi ricorda le luci perpetue del Verano e quindi, in assenza di un cane guida che possa aiutarmi, preferisco sedermi ad un tavolo all’aperto. Il menu, un giusto mix tra cucina della tradizione italiana e rivisitazioni moderne, è ideato da Sarah Cicolini (brillante e giovane chef già conosciuta per l’ottimo lavoro svolto nella sua celebre trattoria SantoPalato) ed è esattamente come piace a quelli come me, dotati di un solo neurone e pure pigro: con pochi piatti ma accattivanti.

Inizio con due antipasti: una tartare di manzo con senape e capperi (abbastanza canonica) e uno squisito fungo cardoncello saltato su riduzione di brodo con trito di santoreggia. Che diavolo è la santoreggia? Grazie a Wikipedia scopro che si tratta di un genere di piante spermatofite dicotiledoni della famiglia delle Lamiaceae. Una supercazzola botanica degna del già citato Conte Mascetti ed in pratica ne so meno di prima.

Ancora in preda alla confusione mentale provocata dalla santoreggia, ordino tre primi. I cappellacci alla zucca con burro e salvia (foto sopra) sono spettacolari ma purtroppo sono solo cinque e io ne vorrei almeno 24, come le pedine della dama. Il piatto più buono della serata, con un distacco sugli altri simile a quello di Bernadette su Soldatino al Gran Premio degli Assi di Tor Di Valle in Febbre da Cavallo.

In tutta sincerità, anche le pappardelle al ragù di cortile (brasato di agnello, maiale e coniglio) sono molto buone e ruvide come le guance di Beppe Bergomi a due giorni dall’ultima rasatura. L’abbondante e saporitissimo ragù bianco ha meritato una scarpetta in stile spazzaneve sul Passo di Falzarego. Questi due primi piatti fanno quasi passare in secondo piano i successivi rigatoni all’amatriciana che pur rappresentano uno dei cavalli di battaglia universalmente riconosciuti di Sarah Cicolini.

Dopo quest’overdose di carboidrati che avrebbe steso pure la buon’anima di Cesare Ferretti di ‘Amore Tossico’, per secondo ordino un pollo ripieno con macinato di maiale e tacchino, frutta secca e fichi. Delicato e gustoso, tanto da desiderare una coscia grossa come quella di Sebino Nela e da iniziare a soffrire di ipersalivazione come un San Bernardo che passeggia sotto il sole di Copacabana.

Il contorno di cavolo arrosto con salsa di salmoriglio mi rimarrà invece impresso per la difficoltà che ho avuto nel tagliarlo e per aver consultato nuovamente Wikipedia e scoprire che la salsa di salmoriglio è un tipico condimento siciliano a base di origano, aglio, prezzemolo, olio e limone. Un tritato che mi è rimasto tra i denti come i moscerini quando vado sullo scooter sorridendo troppo.

Mi sento beatamente sazio e potrei finirla qui ma, preso dalla solita sindrome da Capannelle in ‘L’audace colpo dei soliti ignoti’ quando viene colpito da infarto alla panza, decido di mangiare anche un dessert. La crostatina con frolla al cacao, crema di castagne e mandarino nella forma ricorda vagamente un posacenere che feci col das alle elementari (sì, ai miei tempi ti introducevano al tabagismo già in tenerissima età). Lo ammetto, non mi entusiasma e ne avanza un pò.

Sono satollo, molto appagato e sull’orlo di un attacco di narcolessia. Per un attimo ho pure pensato di rimanere a dormire all’Hoxton, ma per 595 euro a notte dovrei vendere entrambe le cornee al mercato nero degli organi da trapianto. Magari farò una partita al vicino bowling, ammesso che le mie dita grasse entrino ancora dentro i fori della boccia.


Elio presso The Hoxton Hotel
L.go Benedetto Marcello, 220
00198 Roma 

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