di Bjork
Maggio: è tempo di diete prima dell’estate. Le temperature salgono, gli strati di vestiti si assottigliano, e con loro si assottiglia anche la pazienza verso il proprio fisico a focaccina. Inizia l’operazione costume: non un semplice periodo, ma un vero stato mentale, un reality show in cui tutti recitano il ruolo del guerriero del metabolismo lento.
D’improvviso, il tuo frigorifero si trasforma in un centro di rieducazione alimentare. Addio sapori, addio dignità: benvenuti petti di pollo bianchi come un’assemblea di condòmini, zucchine lesse che trasudano umiliazione e tisane che promettono di drenare anche il cervello. E tutto questo per cosa? Per entrare in un costume che comunque ci farà sembrare delle salamandre ansiose. Benvenuti in un nuovo episodio di Recensisco cose sul civo: le diete prima dell’estate. E ve lo dico: bocciatura in vista.
1. Il petto di pollo

La condanna proteica. Compare in ogni dieta con la costanza di un personaggio secondario nelle fiction Rai: insipido, onesto, puntuale. Lo bolli, lo grigli, lo odi. Non ha odore, non ha anima, non ha nemmeno un nome di battesimo. Se fosse una persona, sarebbe il tuo vicino di scrivania che parla solo di Excel. La tristezza in carne. Bianca.
Voto: 3/10. Tre come le gocce di limone che tentano disperatamente di dargli un senso.
2. La schiscetta da ufficio

È la tua compagna di prigionia. Mentre gli altri ordinano panini pornografici e si uniscono al culto del kebab delle 12:45, tu apri il tuo contenitore BPA-free con dentro quinoa e pollo sfilacciato. La schiscetta è il simbolo di una rivoluzione silenziosa: tu, solo contro il catering aziendale, armato di mestizia e forchettina pieghevole.
Ma almeno eviti di mangiare con i colleghi che discutono se il ketchup è una salsa o un’eresia.
Voto: 5/10. Mezzo punto in più se riesci a mangiarla senza rovesciarla sul PowerPoint.
3. Il bicchiere d’acqua calda con limone

Il sacramento quotidiano del pentimento. Non ha un reale effetto se non quello di scaldarti il risentimento verso la tua stessa ingenuità. Lo bevi ogni mattina, a stomaco vuoto e cuore infranto, sperando che “attivi qualcosa”, tipo il metabolismo, o almeno la voglia di vivere. Nulla. Attiva solo la voglia di insultare Gwyneth Paltrow.
È come lavarsi i denti con l’autostima.
Voto: 1/10. Un punto per la scenografia da spa. Il resto è fuffa termica.
4. Gli integratori

Entri in farmacia per comprare un drenante e ne esci con un mutuo. Vitamine, polveri, capsule misteriose dai nomi latini e promesse da santone: “Attiva il metabolismo!”, “Favorisce la termogenesi!”, “Ti trasforma in Gisele Bündchen!” (forse). Ne assumi a orari precisi, con rituali degni di un culto Maya, per poi ritrovarti esattamente uguale a prima, ma un po’ più povero.
Sì, c’è un effetto placebo. Ma anche un effetto truffa.
Voto: 4/10. Due per l’estetica, due per l’effetto placebo. Zero per tutto il resto.
5. La nutrizionista

Ti accoglie con sorrisi, parole incoraggianti, e poi ti pesa con la crudeltà di un giudice dell’Inquisizione. È lì per aiutarti, certo. Ma il problema è che ricorda TUTTO: le pesche fuori stagione che hai osato mangiare, i 7 grammi di olio “non dichiarati”, il bicchiere di prosecco del battesimo del cugino. La bilancia è il suo trono. Tu, il suo suddito grassottello.
Eppure, senza di lei, torneresti a mangiare Pringles alle 9 del mattino.
Voto: 7/10. Cinque per le competenze, due per la pazienza. Meno due per lo sguardo passivo-aggressivo davanti allo “sgarro”.
6. La palestra a giugno

È il Burning Man dei disperati. Ci arrivi con la maglietta tecnica nuova di Decathlon e un piano fitness rubato da Instagram. Attorno a te, altri corpi spaesati che cercano di recuperare un anno di pigro decadimento in tre settimane. Tra un’affannata corsetta e uno squat che ti spezza l’anima, nasce la solidarietà dei perdenti.
Perché alla fine, ci vuoi tornare. Perché si suda, ma si ride. E si odia tutti insieme.
Voto: 6,5/10. Tre punti per la comunità, tre per la fatica, mezzo punto per il personal trainer che ti dice “bravo” anche quando stai facendo stretching sbagliato.
7. Le zucchine lesse

La punizione divina. Le mangi perché “riempiono senza ingrassare”, ma in realtà svuotano l’anima. Non croccanti, non saporite, non divertenti. Sono l’equivalente gastronomico del “va tutto bene” detto mentre piangi sotto la doccia. Cibo dalla consistenza di una minaccia passiva-aggressiva.
Voto: 0/10. Giudizio irrevocabile. Rimandate a settembre, e mai più ripescate.
8. Il pasto libero

L’unico momento in cui ti ricordi di essere una persona con diritti. Pensi a lui tutto il tempo: come sarà? Cosa mangerò? Lo sogni, lo idealizzi, lo pianifichi con la meticolosità di un matrimonio reale. Poi arriva, e sbrani tutto. Goduria, salvezza, sensi di colpa in saldo.
Ma che bello, tornare a sentirsi vivi. Anche solo per due ore.
Voto: 10/10. Lode. Gloria. Redenzione. E ritenzione idrica, ma chi se ne frega.
9. Il prima e dopo sui social

Foto scattate con angolazioni differenti, luce favorevole e mutande più contenitive del debito pubblico greco. Mostrano miracoli in 21 giorni, ma sembrano più un trucco da prestigiatore che un percorso alimentare. Il “prima” è sempre molle, il “dopo” è sempre in bianco e nero, con caption tipo “Tu puoi tutto”.
Hai solo smesso di mangiare pane. Calmati.
Voto: 2/10. Due punti per l’impegno. Tolti 8 per il gaslighting estetico.
10. Il riso basmati

Apparentemente esotico, ma in realtà è il nulla in forma di chicco. Ogni dieta lo ama perché “ha un basso indice glicemico”, ma ha anche un basso indice di gioia. È come mangiare carta da forno con velleità zen. Ti nutre, sì. Ma ti fa anche venire voglia di prendere un volo per l’India solo per riscoprire il sapore.
Voto: 3/10. Il riso più triste dopo quello delle lauree.
11. Le tisane drenanti

Profumano di erboristeria e rimpianti. Fanno fare tanta pipì, questo è certo. Ma poi? Ci credi perché è liquida, calda e ha erbe dal nome evocativo tipo “finocchio selvatico della speranza”. Dopo la seconda tazza ti senti come un vaso da svuotare. E la cellulite? È ancora lì, che si beve un caffè con te.
Voto: 2/10. Un punto per il packaging, uno per il rito. Il resto è pipì.
12. Le frasi motivazionali in corsivo sull’agenda alimentare

“Ogni giorno è una nuova possibilità”. “Se c’è un desiderio, c’è un modo per realizzarlo”. “Volere è potere”. Scritte in corsivo dorato, con i cuoricini, come se bastasse un font elegante per smettere di voler ingoiare un panettone intero. Sono il cerotto sulla ferita emotiva del non poter mangiare carboidrati dopo le 18:00.
Voto: 1/10. Un punto per l’impegno grafico. Ma i carboidrati non li sostituite con le metafore.