La sostenibilità non è più un concetto astratto o un hashtag da Instagram: è entrata di prepotenza nelle nostre vite quotidiane, soprattutto quando parliamo di cibo. In Svizzera, ad esempio, l’alimentazione e la produzione alimentare rappresentano circa il 28% dell’impatto ambientale totale, più di qualsiasi altro settore industriale o commerciale. Insomma, pure il cioccolato e le patatine fritte hanno il loro peso ecologico. La pressione sui produttori e sui rivenditori aumenta, spingendo tutti a proporre alternative più rispettose dell’ambiente e degli animali. Qui entra in gioco il nodo cruciale: quanto siamo davvero disposti a pagare per mangiare cibo cruelty free o sostenibile? Deloitte ha provato a dare una risposta, studiando i comportamenti dei consumatori svizzeri e svelando un quadro sorprendente, a volte quasi contraddittorio, tra buona volontà e portafoglio.
Che cosa sono i prodotti cruelty free

Cruelty free: nel mondo del cibo, significa filiere controllate e nessun ingrediente proveniente da pratiche dannose sugli animali. Ma non basta evitare test sugli animali. È necessario adottare un approccio etico a 360 gradi, con filiere corte, metodi produttivi sostenibili e attenzione al benessere del Pianeta e degli animali. Per orientarsi tra le varie confezioni, esistono certificazioni e simboli chiari che garantiscono la trasparenza del prodotto. Scegliere cruelty free è un gesto consapevole, una dichiarazione di principi, quasi come dire “Io ci tengo a cosa finisce nel mio piatto, e pure al Pianeta che ci ospita”.
Com’è stato fatto il questionario
Per capire fino a che punto gli utenti siano disposti a pagare di più per cibi sostenibili, Deloitte ha interrogato circa 1.500 svizzeri con questionari online attentamente strutturati per età, sesso e area geografica. Lo studio ha incrociato interviste con esperti di aziende e organizzazioni attive nella sostenibilità, tra cui Bio Suisse, Emmi, Mirai Foods e Too Good To Go Schweiz, creando un quadro completo tra dati quantitativi e impressioni dirette dal di chi consuma, con uno sguardo persino ai futuri sviluppi del mercato.
I risultati dello studio
Il rispetto ambientale conta davvero: quasi l’80% degli intervistati afferma che le proprie scelte alimentari sono influenzate da questo tema, molto più della media europea. Quando si parla di responsabilità, la storia cambia: circa il 40% pensa che siano i produttori a dover rendere più sostenibile la filiera, mentre solo un terzo sente sulle proprie spalle il peso delle scelte quotidiane.
E qui arriva il punto dolente: il prezzo. In media, chi acquista sarebbe pronto a pagare il 26% in più per un alimento sostenibile. Un quinto degli intervistati accetterebbe aumenti del 50% o oltre, mentre un’altra quota equivalente non pagherebbe nulla in più. L’alto costo e la disponibilità limitata nei negozi restano i principali ostacoli. Interessante anche il tema delle alternative alla carne: circa il 45% potrebbe sostituirla con opzioni vegetali, mentre carne coltivata e insetti faticano ancora a decollare, tra diffidenza e palati poco coraggiosi.
Come può cambiare il mondo dell’alimentazione

Il futuro dell’alimentazione sembra giocarsi su un equilibrio sottile tra etica e portafoglio. La pressione dei consumatori porta i produttori ad adottare certificazioni, filiere trasparenti e tecniche innovative, ma se i prezzi restano alti, una parte della popolazione rimane esclusa. La diffusione di prodotti alternativi, dalle proteine vegetali alla carne coltivata, crescerà lentamente. Questo processo sarà sostenuto da politiche pubbliche, innovazioni tecnologiche e maggiore consapevolezza ambientale. L’ecosostenibilità è un banco di prova per tutta la società.
Cibo sostenibile e costi maggiori
La qualità ha un prezzo. La tutela dell’ambiente e degli animali comporta processi più complessi e costosi, e il conto finale sullo scontrino lo ricorda a tutti. Ma, per un numero crescente di persone che comprano, quell’importo aggiuntivo è più un investimento nel futuro che un lusso da pochi. La sfida reale sarà rendere queste scelte accessibili a tutti, trasformando l’etica in normalità e non in un privilegio da gourmet illuminati.
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