Come degustare correttamente il miele

Degustare il miele è un viaggio tra vista, olfatto, gusto e tatto. Con un barattolo, un bicchiere e un naso allenato si scoprono aromi, retrogusti e la qualità di ogni varietà.

Come degustare correttamente il miele - immagine di copertina

Molti pensano che degustare il miele significhi aprire il vasetto, ficcarci il cucchiaino e sentirsi a posto con l’universo. Invece, dietro quel barattolo appiccicoso c’è un mondo di regole, nasi ipersensibili e gente che annusa senza vergogna dentro bicchieri da vino. Non serve però essere iscritti all’albo nazionale degli assaggiatori o possedere un camice bianco per capire cosa stai mangiando. Degustare davvero il miele non è un rito mistico per apicoltori illuminati, è un modo per distinguere una bomba di biodiversità da un surrogato zuccherino buttato sul mercato. Con oltre cinquanta varietà solo in Italia, dai classici acacia e castagno fino ai rari santoreggia, coriandolo o lavanda, dire che il miele è tutto uguale è come sostenere che la pizza surgelata e quella napoletana vengono dallo stesso universo. L’analisi sensoriale esiste e ci sono studiosi che negli anni Settanta hanno pure codificato come si fa, ma noi possiamo prenderne l’essenza e dimenticarci le cabine anonime senza odori. Ti basta un barattolo, un bicchiere pulito, un naso pronto a fiutare senza distrazioni e un minimo di curiosità per capire cosa stai davvero mangiando.

Occhi aperti e cucchiaino fermo

degustare il miele

La degustazione parte dalla vista, anche se nessuno ti vieta di giudicare un miele dal colore mentre sei in pigiama. Guardarlo in trasparenza, in un bicchiere da vino o direttamente nel vasetto, rivela se è liquido o cristallizzato, uniforme o pieno di micro bolle e pezzi sospetti. I professionisti usano parole tipo “ambra chiaro”, “paglierino”, “avorio”, “nocciola”. Tu puoi anche dire “sembra crema spalmabile vintage” o “colore da caramella sciolta”, basta che noti le differenze. Il colore cambia a seconda dell’origine botanica e del formato: nel vasetto sembra più scuro, nel bicchiere più chiaro. Non serve diventare filosofi, basta osservarlo con una luce decente.

Annusare senza fare il sommelier del weekend

assaggiare

L’olfatto è la fase in cui capisci se il miele profuma di fiori, erba tagliata, frutta secca o valigia dimenticata in soffitta. Niente profumo addosso, niente candele vanigliate in casa, niente vestiti lavati con ammorbidente stile Portofino. Si può spatolare il miele sulle pareti del bicchiere e scaldarlo con le mani per liberare gli aromi. L’intensità va da impercettibile a “mi ricorda il capanno del nonno”. Se non trovi subito le parole, sappi che esiste una ruota degli odori divisa in famiglie: floreale, fruttato, vegetale, caldo, aromatico, chimico, animale. Non devi impararla a memoria, basta che non ti arrenda al classico “sa di miele”.

Assaggia

Il gusto è un mix tra le papille e ciò che il naso sente dalla via retronasale, quindi niente caffè, fumo o cipolla prima di iniziare. Metti una piccola quantità in bocca e schiacciala tra lingua e palato. I sapori base sono dolce, acido, amaro e salato, anche se la maggior parte delle persone riesce a percepire solo il dolce e poi si arrende. Il retrogusto arriva dopo qualche secondo: alcuni mieli restano morbidi, altri ti piazzano un finale balsamico o amarognolo che nemmeno il vermouth. Se assaggi più tipi non dimenticare acqua o mela tra uno e l’altro e non fare il record mondiale di cucchiaini al minuto.

Il tatto e l’incontro tra lingua e pazienza

degustare il miele

Il tatto nel miele è sottovalutato, ma racconta più cose di un’intervista a cuore aperto. Se è liquido può essere fluido o viscoso; se è cristallizzato può risultare compatto, pastoso o granuloso. I cristalli possono essere fini come zucchero a velo o spigolosi come sale grosso. Non è un fastidio, è parte dell’identità del prodotto. È anche il momento in cui capisci se quello che stai mangiando è stato lavorato bene o se è il cugino povero del miele vero.

Dal vasetto alla coscienza sensoriale

degustare il miele

Dopo averlo guardato, annusato, assaggiato e sentito, puoi provare a ricordarti cosa cavolo hai mangiato. Non per fare colpo su qualcuno, ma per distinguere un miele di robinia da uno di castagno la prossima volta che fai la spesa. Che tu sia da alveare urbano o da supermercato disperato, degustare il miele significa smettere di considerarlo un dolcificante e iniziare a trattarlo come un prodotto vivo che racconta da dove viene. E se assaggi in compagnia, regola d’oro: niente smorfie, niente “bleah”, niente suggerimenti. Il miele non sopporta i condizionamenti, e neanche chi lo produce.

tags: Attualità

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