Ellera è un borgo ligure che sembra rimasto fermo nel tempo. Piccole case di pietra, vicoli stretti che sanno di legna, qualche gatto appollaiato sui gradini e il suono lontano di un fiumiciattolo. In mezzo a questo quadro silenzioso c’è La Locanda di Nonna Teresa, un locale nascosto tra i caruggi, che scopri solo se ti fermi a guardare bene. Le pareti raccontano storie di famiglia e le finestre lasciano uscire il profumo della pasta fresca. Nessuna scena costruita, solo l’atmosfera di una trattoria che ha il sapore delle cose fatte con calma, dove ogni piatto sembra dire benvenuto a casa.
La storia e la cucina

La Locanda di Nonna Teresa ha una lunga storia che parte dagli anni ’40, quando la cucina era fatta di mani esperte e pazienza. Da allora, tre generazioni si sono passate il testimone, mantenendo intatto lo spirito di famiglia e il rispetto per la tradizione.
Oggi in cucina c’è mamma Renata, che ogni mattina sceglie gli ingredienti uno per uno, freschi e di stagione. Mentre il borgo si sveglia, lei è già ai fornelli: prepara il ragù che cuoce piano per ore, taglia la carne per il cinghiale in umido e controlla le patate nel forno. Poco più in là, nel laboratorio, c’è zio Roberto, il maestro della pasta. Lo vedi impastare le uova e la farina con gesti lenti, fino a ottenere sfoglie sottili, pronte per ravioli, pansotti e tagliatelle, ognuna con la sua forma e il suo ripieno. Nonna Teresa, anche se non la vedi, sembra ancora lì a guidare tutto, con le ricette, le dosi a occhio e la passione per la cucina fatta bene.

Qui niente arriva già pronto: si fa tutto a mano, come una volta. Ogni passaggio è un piccolo rito, dal mescolare e stendere la pasta al controllare la consistenza e scegliere i ripieni. Tutto parte da ingredienti semplici, presi da contadini e fornitori della zona. Le uova sono fresche, le verdure raccolte poche ore prima e la carne proviene da allevamenti locali.
L’atmosfera

Appena arrivi capisci subito dove sei finito: in un posto vero. Il portone si apre su un locale, con le luci calde e i rumori di stoviglie che fanno compagnia. Sulla destra c’è il bancone, con le cameriere che ti accolgono e un vecchio juke box ancora funzionante, pronto a partire con una canzone se qualcuno decide di schiacciare un tasto. Dietro il bancone, una fila di bottiglie di amari locali, molte arrivate da piccoli produttori della zona.
La sala principale è ampia e luminosa, con i tavoli di legno apparecchiati in modo semplice ma curato. Ogni dettaglio è pensato per farti stare bene: tovaglie pulite, bicchieri pesanti come si usava una volta e pane e grissini fatti in casa che arrivano appena ti siedi, ancora tiepidi. In un angolo c’è una saletta più piccola, vicina alla cucina, dove si sente il tintinnio delle pentole e l’odore del sugo che cuoce piano — perfetta se cerchi un po’ di tranquillità.
Sulle pareti si trovano foto del borgo, vecchi attrezzi da lavoro e qualche ricordo di famiglia.
Il menù
Il menù cambia spesso, seguendo le stagioni e quello che offre la terra. È una cucina che non inventa troppo: piatti semplici, ingredienti locali e tanta manualità. Appena ti siedi, ti chiedono se vuoi iniziare con l’antipasto della casa — ed è difficile dire di no.

Arriva un assaggio di tutto, portato un piatto alla volta: salumi, frittelle e frittatine con verdure dell’orto, vitello tonnato, formaggetta alle erbette, melanzane fritte e peperoni agli aromi. Io li ho provati tutti. Le melanzane avevano una panatura croccante e leggera, la formaggetta era fresca e delicata, e il salame aveva quel gusto pieno, un po’ rustico, che ti riporta ai pranzi di famiglia.

Dopo gli antipasti arriva il momento dei primi, e qui si apre il mondo della pasta fresca. Puoi scegliere il tuo piatto o dividere più portate con gli i tuoi amici— i camerieri portano grandi piatti da condividere al tavolo così puoi assaggiare un po’ di tutto. Io ho preso i ravioli al ragù di cinghiale: pasta morbida e sottile, un sugo scuro, cotto per ore, denso e saporito. Poi ho assaggiato le tagliatelle ai funghi, con porcini freschi e profumati, e i pansotti al sugo di noci, un classico ligure che qui resta fedele alla tradizione.

Se preferisci i secondi, la locanda propone i grandi classici della cucina ligure: arrosto di vitello, brasato al vino rosso, punta al forno, cinghiale in umido, coniglio alla ligure, bollito misto, cima alla genovese, agnello, faraona, e — quando è stagione — piatti di pesce come polpo con patate, buridda di stoccafisso e trippa con patate. Io ho provato il brasato con le patate: tenero, si tagliava con la forchetta, e le patate erano cotte al punto giusto, dorate fuori e morbide dentro.
Per finire, arriva il momento dei dolci, tutti fatti in casa. Ci sono panna cotta da condire a piacere, budino al cioccolato e amaretti, torta millefoglie con crema chantilly e frutti di bosco, tiramisù, crostate e il famoso fiordilatte con mele caramellate, miele e cannella. Io ho scelto proprio quello: gelato fresco, con la dolcezza del miele di castagno e il profumo delle mele calde — un abbinamento semplice ma che soddisfa.
I costi per ogni portata variano dai 12 ai 14 euro. I dolci costano intorno ai 5 euro. In due, con antipasto, primo, secondo, dolce e vino rosso, abbiamo speso 86 euro.
Il bere

Anche il bere ha la sua parte, senza troppi giri di parole. I vini arrivano tutti da produttori locali, scelti personalmente ogni anno per tenere la carta sempre viva e diversa. Non è la classica lista infinita piena di nomi altisonanti: qui si punta su etichette diverse, che raccontano la zona e si abbinano bene ai piatti del menù.
C’è una buona selezione di rossi liguri, ideali per accompagnare i secondi di carne o un ragù di cinghiale. C’è anche il bianco fresco e minerale perfetto con i piatti di pesce o le verdure dell’orto.
Io ho scelto il vino rosso della casa: servito nella classica bottiglia di vetro con tappo a vite, come si faceva una volta. Il giusto per una cena in trattoria, dove conta più la convivialità che la tecnica di degustazione.
Per chi preferisce qualcosa di diverso, c’è una piccola selezione di birre artigianali liguri, ideali con i piatti più rustici o per chi vuole uscire dai soliti abbinamenti.
Le camere per dormire

In questa locanda non si viene solo per mangiare bene, ma per fermarsi a respirare un po’ di calma. La cosa diversa di questo posto è che puoi chiudere la serata senza pensare a tornare a casa. Puoi salire le scale fuori dal locale e ti ritrovi in una delle quattro camere che la locanda mette a disposizione degli ospiti.
Il termine locanda viene dal latino locare, cioè “affittare”, e qui la tradizione è presa alla lettera. Le stanze sono arredate con semplicità e gusto, niente lusso ostentato ma tutto quello che serve: letti comodi, luce calda, profumo e silenzio. Dalle finestre si vedono i tetti di Ellera e, la mattina, si sente solo il rumore delle tazze e del caffè che arriva dalla cucina.
È un posto pensato per chi vuole rallentare, magari dopo una cena lunga e chiacchierata. Oppure per chi vuole scoprire il borgo e restare a dormire immerso nella tranquillità dell’entroterra ligure.
Perdersi tra i borghi conviene
Se vi trovate in Liguria, fermarsi nei piccoli borghi spesso regala più sorprese dei centri affollati. Luoghi come Ellera, con le sue stradine tranquille e le case di pietra, custodiscono trattorie dove il cibo racconta storie di famiglia e passione. La cucina è semplice, legata agli ingredienti, e l’atmosfera vi fa sentire a casa dal primo momento. Se passate da queste parti, vi consiglio di fermarvi e vivere l’esperienza dall’inizio alla fine.
Piazza Fratelli Bandiera, 17011 Ellera SV