Spaghetti all'assassina: tutto quello che c'è da sapere

Nati a Bari nel 1967 dal genio di Enzo Francavilla, gli spaghetti all’assassina sono il piatto più piccante e leggendario della Puglia. Padella di ferro, pomodoro e fiamma viva: così la cucina barese ha creato la sua eroina infuocata.

Spaghetti all'assassina: tutto quello che c'è da sapere - immagine di copertina

Non c’è turista che arrivi a Bari senza sentir nominare gli Spaghetti all’Assassina, piatto che non perdona e che ha fatto del fuoco la sua firma. Nati nel calore di una padella di ferro, tra aglio bruciato, pomodoro schiacciato a mano e peperoncino senza pietà, gli spaghetti all’assassina sono diventati leggenda per caso e per istinto. È una di quelle ricette che non si imparano, si tramandano col rumore dello sfrigolio e con la paura di bruciarle troppo o troppo poco. Dietro quella crosticina croccante e quel rosso lucido c’è una storia vera, fatta di improvvisazione, orgoglio pugliese e un cuoco con la camicia macchiata di genio e di pomodoro. Un piatto che racconta Bari meglio di qualsiasi guida turistica, dove la fiamma non è un rischio ma un ingrediente e ogni forchettata è un avvertimento.

Origini e leggenda della la nascita del piatto

Spaghetti all'assassina

La storia comincia a Bari nel 1967, dentro un’osteria chiamata Al Sorso Preferito, gestita dal cuoco Enzo Francavilla, foggiano trapiantato nel capoluogo pugliese. Una sera due clienti napoletani chiedono “qualcosa che non avevano mai mangiato”, e con poco in dispensa – una testa d’aglio, pomodori, peperoncino e spaghetti – Francavilla improvvisa. La scena è cinematografica: aglio bruciato nell’olio, pelati schiacciati a mano, una fiammata coperta al volo con il coperchio. Alla fine, i clienti commentano con “figlio mio, sono una cannonata, ma sono assassini”, e il nome nasce così, destinato a restare. C’è anche chi propone un’altra lettura: la pasta che muore lentamente in padella mentre sfrigola nel pomodoro bollente, come una vittima designata.

In ogni caso, l’assassina non uccide nessuno, ma fa soffrire felici per la piccantezza feroce. Per anni resta un segreto fuori menù, servita come complimento di fine pasto, un omaggio del cuoco che a Bari vale più del dessert.

Storia e verità documentata degli spaghetti all’assassina

Per molto tempo le origini del piatto sono rimaste avvolte da leggende. C’era chi sosteneva che fosse un modo per riciclare la pasta del giorno prima, ma in Puglia la domenica non si fanno certo spaghetti avanzati. La verità è arrivata solo grazie al lavoro di Felice Giovine, demologo e custode delle tradizioni baresi, e del gastronomo Sandro Romano, che hanno intervistato più volte Francavilla e documentato la sua testimonianza diretta. Dalle loro ricerche emerge una ricetta nata per caso, ma mai come piatto di recupero e senza risottatura, tecnica moderna che Francavilla non usava. Il segreto è tutto nella padella di ferro, e nella caramellizzazione del pomodoro sull’olio bollente. Una cucina istintiva, non gourmet, che trasforma pochi ingredienti in un gesto di genio.

Perché non è un’arrabbiata

Spaghetti all'assassina

Confonderla con un’arrabbiata o con una pasta ripassata è un errore da principianti. L’arrabbiata è romana, leggera, veloce, tutta pomodoro fresco e peperoncino. L’assassina invece è pugliese fino al midollo, cotta in padella e mai scolata davvero, più densa, caramellizzata, affumicata. Qui non c’è avanzo da salvare ma una cottura pensata per far soffrire la pasta il giusto, fino a scolpirne il carattere. La crosta non è un incidente, è l’obiettivo. Il risultato è una pasta che non viene saltata ma soffre, dove il rosso diventa bruno e il sapore si fa profondo. Non è una sorella cattiva dell’arrabbiata, è un’altra specie, nata dal fuoco più che dal sugo.

La ricetta originale degli spaghetti all’assassina

Spaghetti all'assassina

La ricetta originale degli spaghetti all’assassina, proprio come la prepara Enzo Francavilla, prevede solo sei ingredienti: spaghetti (o vermicelli), pomodori pelati, aglio fresco, peperoncino, olio extravergine d’oliva e sale. Si brucia l’aglio insieme al peperoncino, lo si elimina e si versano i pelati schiacciati a mano nell’olio bollente, provocando quella fiammata che regala al piatto il suo profumo affumicato inconfondibile. Gli spaghetti, sbollentati solo fino a piegarsi, passano poi in padella con il pomodoro e vengono rimestati fino a ottenere una leggera abbrustolitura. Nessuna risottatura, nessun concentrato, nessun brodo rosso, solo pomodoro crudo, calore e pazienza. Il risultato è una pasta croccante fuori e morbida dentro, dal sapore affumicato e piccante, che non deve mai sembrare paglia bruciata ma crocchiare al punto giusto.

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