di Bjork
La frutta è come quell’amico che tutti lodano perché “è tanto buono” , ma che alla fine ti lascia addosso più sensi di colpa che piacere (perché tu buono non lo sei). Ci dicono che dovremmo mangiarla tutti i giorni, cinque porzioni, possibilmente a colori, possibilmente con gioia. Ma nessuno parla della pera farcita di delusione, dell’avocado che si suicida nella notte, della banana dimenticata che ti guarda con occhi neri e ammaccati.
In fondo la frutta è l’unico cibo che ci segue dalla culla alla tomba: ci svezzano con la mela grattugiata, ci curano con il succo d’arancia, ci addolciscono la vecchiaia con la pesca sciroppata. Il problema? È che nel frattempo ci illudiamo sia semplice. Ma la frutta è crudele, estetica, pericolosamente ideologica. E ora gliela facciamo pagare.
Piattini da frutta
L’ultimo baluardo di una borghesia da dopopranzo. Minuscoli, traballanti, sempre sbagliati: la frutta non ci sta, e se ci sta rimbalza. Hanno decorazioni floreali che neanche le tovaglie della nonna e fanno rumore appena li sfiori. Usati solo in occasioni tristi, tipo i pranzi domenicali che finiscono in discussioni sulla pensione.
Voto: 3/10 – Sono lì solo per farti sentire colpevole se appoggi la mela sulla tovaglia.
Ananas
Frutto corazzato e ostile, che per essere mangiato richiede tecniche da survival. Ti ferisce, ti punge, ti punisce. Ma quando arrivi al cuore, è estate in bocca. Ha una dolcezza aggressiva, una carica tropicale, un gusto da vacanza prenotata troppo tardi.
Voto: 6/10 – Masochismo tropicale, ma a volte ne vale la pena. Solo se lo pulisce qualcun altro.
Litchi
Il frutto che ti sfida con la sua corazza rugosa e ti ripaga con una polpa che sembra un occhio di capra. Non sai mai se mangiarlo o usarlo in un rituale. Ha un gusto strano, tra il dolce e il floreale, e una presenza scenica che nessun commensale ha davvero chiesto.
Voto: 4/10 – Esotico per disperazione.
Noci
Nobili, croccanti, risolutive. Ma anche ermetiche, caloriche e causa di più denti scheggiati che un campo di battaglia. Sono la versione da scacchiera della frutta: richiedono tecnica, attenzione e ti costringono a concentrarti. E quando le apri? Una soddisfazione quasi biblica.
Voto: 7/10 – La frutta secca che si crede un’intellettuale. Non le inviti a ballare, ma le ascolti parlare.
Spremiagrumi
Il simbolo definitivo del tentativo fallito di avere una vita sana. Ti svegli presto, tagli l’arancia, inizi a spremere… e capisci che era meglio il caffè. Appiccica tutto, fa casino, e produce tre dita di succo con l’intensità di una tisana.
Voto: 3/10 – Ha la stessa utilità di un tapis roulant usato come stendibiancheria.
Banana
Il frutto che ci accompagna dai bavaglini alla mensa dell’ufficio. Comoda, portatile, democratica. Peccato per quella curva imprevedibile della maturazione, che la trasforma in un’arma biologica in meno di ventiquattro ore.
Voto: 7/10 – Lavoratrice instancabile, ma umorale come una popstar anni ’90.
Macedonia
L’orgia tiepida della frutta. Un grande pentimento acquoso, dove ogni sapore si mischia per creare il nulla. Dentro c’è sempre qualcosa che non andava messo: la banana molle, l’anguria fuori stagione, la mela che sembra polistirolo. Il limone tenta di salvare la situazione, ma è come spruzzare Chanel n.5 su un sacco della spazzatura.
Voto: 4/10 – È il “minestrone” del dessert: tutti pensano che faccia bene, nessuno lo ama davvero.
Pera
Un frutto schizofrenico. O è pietra o è pappetta, senza vie di mezzo. Difficile da addentare, ancora più difficile da capire. Ha un’estetica elegante e un potenziale poetico, ma poi al morso è liquido d’ansia. Eppure c’è sempre chi insiste a dire “basta trovarla giusta”.
Voto: 5/10 – Un’eterna promessa mai mantenuta. La ghosting queen del frutteto.
Reparto ortofrutta del supermercato
Una galleria degli specchi dove la realtà è tutta una messa in scena. Frutta lucidata, finta umidità, cartelli km zero appesi sopra banane dell’Ecuador. Le mele sembrano di plastica, le pesche sono bombe a orologeria, e il commesso ti guarda male se tasti un avocado.
Voto: 6/10 – Più che un reparto, è un Truman Show contadino.
Uvetta
Il traditore. Nessuno la desidera, ma compare ovunque come una maledizione biblica: nel riso, nelle insalate, nei dolci. Ha il talento di rovinare ogni boccone con la sua dolcezza fuori contesto. È il frutto del ricatto emotivo, tipo “o così o niente panettone”. E poi questa pterodattila è allergica alla frutta disisdratata.
Voto: 2/10 – Il cameo che fa deragliare la trama. Un sabotaggio zuccherino.
Pesca
Sensuale, morbida, profumata. Finché non te la ritrovi in mano come una bomba a succo, pronta a esploderti addosso. La buccia vellutata è uno spartiacque: o la ami o ti sembra di leccare un peluche bagnato. Ma che mordente, che polpa, che attitudine da dolce proibito.
Voto: 8/10 – La Monica Bellucci della frutta. Appiccicosa ma indimenticabile.
Estrattore
Lo status symbol del salutismo nevrotico. Costo da investimento immobiliare, risultato: un succo un po’ triste adatto ai neonati. Dopo tre carote, due mele e una zolletta d’anima, produce 150 ml di umore marroncino che sa di compromesso. Ah, e ora puliscilo.
Voto: 2/10 – L’unico elettrodomestico che esaurisce te prima della frutta.
Mela
L’equivalente alimentare del vado sul sicuro. Croccante, neutra, sempre presente. Ma attenzione: il rischio noia è altissimo, e la sua costante presenza la rende invisibile come lo sfondo della carta da parati. È la regina delle diete tristi, degli spuntini colpevoli, delle merende senza gioia.
Voto: 6/10 – Un classico per necessità, non per entusiasmo. L’ascensore della frutta: sempre lì, mai sexy.
Fragola
Ogni primavera torna come il messia: dolce, rossa, sexy. Ma sotto la superficie zuccherina si nasconde il grande inganno: fuori stagione è una barbarie, al naturale spesso è acidula, e nel 90% dei casi è solo un veicolo per panna.
Voto: 6/10 – Vive di hype e sapore secondario.
Limone
La rockstar agrumata. Infilato ovunque come la pancetta nei menù creativi. Profuma, ravviva, smonta, ma non dimentica mai di farti stringere la faccia come in un film di Maccio Capatonda. Il suo potere è tale che si è insediato anche nei detersivi, negli shampoo e nei deodoranti per auto.
Voto: 9/10 – Irritante e brillante, come un influencer ben riuscito.
Alberi da frutto
La fantasia rurale del cittadino medio: vuoi l’albero, poi ti dimentichi di potarlo e ti ritrovi un ciliegio che invade il terrazzo come un’invasione vichinga. Producono frutta solo quando sei in ferie, attirano insetti, e ogni estate diventano l’epicentro del senso di colpa agricolo.
Voto: 7/10 – Romantici, ma con un piano vendicativo a lungo termine.
Coltello da frutta
Sottile come la pazienza di chi ti chiede di sbucciare una pesca con quello. Il coltello da frutta è una presa in giro, l’equivalente da tavola del cucchiaino da caffè: decorativo, fastidioso, superfluo. Non taglia, ma ti guarda con aria giudicante mentre smanetti goffamente con la buccia del kiwi.
Voto: 5/10 – Serve solo per dimostrare che hai fatto il corso di buone maniere.
Avocado
Il millennial del frutteto. Bello, caro, snob, e con un nocciolo grosso come la sua autostima. Ti illude con la cremosità, poi ti tradisce con la fibra o con il prezzo: 4 euro per mangiare burro vegetale? È il frutto che si crede crema viso. Non maturo, non maturo, non maturo, marcio.
Voto: 4/10 – Il bad boy del banco frutta. E come tutti i bad boy: delude.
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