Vale Fuori (dai soliti giri)
Quando il direttore Fumelli mi ha chiesto di registrare insieme a lei il podcast sulle trattorie, mi sono messa subito all’opera. Potrei dirvi che stilare quell’elenco di 7 punti + 1 è stato un lavoro lungo, complicato che mi ha assorbito ore e ore. Invece nulla di tutto questo. Non vi dico che è stato un gioco da ragazzi, sminuirei il mio lavoro ed è l’ultima cosa che intendo fare, ma certamente ho navigato in acque che conosco molto bene.
Con Lorenza sapevamo che il podcast avrebbe agitato un poco gli animi e ne eravamo anche ben felici perché sollevare temi che generano dibattiti, confronti, anche critiche perché no, è sempre un arricchimento per tutti.
Quello però che ci è balzato agli occhi come un boomerang, è la distanza abissale tra il sentire comune di chi fa parte del nostro settore (critici, giornalisti, titolari di trattorie, osterie) e il grande pubblico, che nella vita si occupa di tutt’altro ma che ovviamente, al ristorante, è abituato ad andare scegliendo i posti anche in base al costo.
Non sappiamo chi abbia ragione – ammesso che sia questo il punto – una cosa però è certa: per la maggior parte delle persone la trattoria resta ancora quel posto in cui mangiare bene e spendere poco. Il concetto di poco è ovviamente molto soggettivo. Nel podcast il prezzo che indico a persona da spendere in trattoria per 3 piatti più il vino oscilla tra i 38 e i 45 euro.
Ma la gente, il grande pubblico, vuole spendere meno. A tal proposito è stato emblematico il commento di un utente che, dopo aver ascoltato il podcast, ci ha detto chiaramente che quei prezzi erano ragionevoli solo per gente ricca e che lui per andare a cena in trattoria con sua moglie e sua figlia non può certo spendere 120/150 euro. Insomma, il prezzo è un argomento spinoso. Parlarne, a detta di alcuni, è volgare ma forse non farlo può essere un approccio superficiale.
Da Anna e Sandra
Con il ristorante di cui vi parlo oggi voglio però rispondere alle tante persone che, giustamente, non riescono ad immaginare un pranzo in trattoria spendendo 120/150 euro in tre. Quindi amici, tranquilli, esistono ancora quei posti. Anzi, vi dirò di più. Esistono ancora quelle trattorie che una volta venivano scelte dai trasfertisti per pranzo e cena, quelle dove al lunedì si riservava il tavolo per il resto della settimana.
Insomma, quelle in cui non c’era il menu perché tanto i piatti erano 4, 5 in tutto, al massimo 6 se quel giorno la cuoca al mercato aveva preso un paio di verdure e allora ci scappavano due contorni.
Questi posti esistono (resistono) e uno di questi sta a Monterondo, paesotto a nord di Roma con un grazioso centro storico. Ed è proprio in una delle viuzze che si snodano dal centro del paese che si trova la trattoria. Si raggiunge o chiedendo a qualche passante oppure seguendo il civico segnato sul navigatore, perché non c’è l’insegna fuori l’ingresso.
Da fuori, anzi, potrebbe essere qualunque cosa, anche un ferramenta.
Il posto si chiama Da Anna e Sandra, madre e figlia. Ottant’anni Anna e sessanta Sandra. “Se a Mamma je levi la trattoria è la fine”, dice Sandra quando le chiedo un po’ di storia di questo locale. Lo aprì il nonno nel 1950, trent’anni dopo entrò la mamma e quindi lei.
La sala è una specie di rustico di quelli che magari qualcuno ha nella casa in montagna quindi niente fronzoli alle pareti. Fatta eccezione per un cartello che annuncia la vendita dell’olio loro, lo stesso che la signora Anna usa in cucina.
Ci si accomoda su tavoli da 4 pure se si è in due perché quelli ci sono; arriva Sandra –gentilissima – che chiede “Che vi porto?”. In un posto del genere ovviamentenon si chiede il menu ma si ascolta quel che Sandra ha da dire, quindi “Oggi c’abbiamole linguine col tonno, poi polpette in bianco, fettine panate, bistecchina aiferri. E per contorno insalata e zucchine in padella”.
Anna prende la comanda e entra in cucina. Esce la mamma Anna e fa capoccella dalla tendina, probabilmente voleva vederli in faccia quei due che le hanno chiesto due mezze porzioni di linguine.
Comunque, tempo un quarto d’ora – ma anche meno – arriva la pasta. Piatto bianco da trattoria, come tradizione vuole. Com’è la pasta? Buona.
Avete presente quella che vi prepara vostra madre, o per i più fortunati, vostra nonna? Ma pure di quella che ci facciamo noi eh. Insomma, quella pasta al tonno da fare in 10 minuti che magari sei appena rientrato e hai una certa fame. Però te la fai con tutti i sentimenti ed esce fuori talmente bene che fai pure la scarpetta. Ecco, quella.
Stesso discorso per il resto dei piatti, con una menzione particolare per le polpette in bianco in cui certamente, per allungare la carne, Anna ha agito d’astuzia e ha messo qualche patata bollita e un bel po’ di pane raffermo, magari bagnato nel latte.
Ma siccome quel che conta è il risultato, vi dico che a me queste polpette sono piaciute tanto e no, non vi ammorbo con la questione: anche mia nonna le faceva così che poi mi scende la lacrimuccia. Comunque è vero, mia nonna le faceva identiche. Sigh! Ad accompagnare tutto un quartino di vino (loro pure questo), una bottiglia d’acqua e un cestino di pane.
A fine pranzo Anna ci dice che in inverno ci sono più piatti e pure qualche dolcetto da credenza, quindi ciambellone, crostata. Che il giovedì fanno gli gnocchi e c’è sempre una minestra oltre la pasta “ma adesso co ‘sto callo mamma non ce lafa. Però se tornate col fresco e ve piacciono gli gnocchi li facciamo col sugo de castrato”.
Ci puoi giurare Anna che dopo settembre torno a trovarti. Per gli gnocchi, per la pasta e ceci ma pure per fare un pasto che potrei serenamente consumare a casa mia o a quella dei miei genitori perché qua mi sono sentita accolta esattamente nello stesso modo.
Conto per 2 persone per quello che vi ho detto: 34 euro.
Da Anna e Sandra
Via Guglielmo Oberdan, 36
Monterotondo (RM)