Appunti sparsi di un viaggio in Sicilia

Cu Mancia Fa Muddichi

di Luca Burei

In Sicilia ci sono andato varie volte, spesso mordi e fuggi, un paio di volte passeggiando con l’amico Alfonso per Catania e dintorni, due anni fa ormeggiato per più di un mese nella Cala a Palermo, sempre con la voglia di tornare, di fermarmi di più, di girare. Quest’estate l’ho fatto e mi ritrovo con un po’ di appunti frammentati e sparsi.

# Uno sull’isola si aspetta di mangiar pesce, ma la Sicilia non è un’isola come le altre, è un mondo a sé. A volte, però, il pesce è assai buono e se cucinato con un pizzico di creatività (non troppa che poi il pesce sparisce) anche ottimo, come dai ragazzi di Modì, vicino a Milazzo, che tra calamari alla malvasia e tubetti ai crostacei ben ci accolgono in Sicilia. Loro sono di quelli che definisco TEasy, Tasty&Easy: mangio bene con una giusta e divertente creatività in un bell’ambiente, con un servizio curato ma amichevole, un’intrigante carta dei vini e un prezzo più che corretto. Che voler di più?

# I tubetti o, comunque, la pasta minestrata col pesce è un po’ il leitmotiv di molti menu, il che, con 38 gradi all’ombra, non sempre mi pare una scelta azzeccata. Come un po’ noiose (e a spesso poco riuscite) sono le rivisitazioni della pasta con le sarde che, se non si esagera con il finocchietto selvatico, è proprio buona così com’è.

# Vanno di moda i grani antichi che in Siciliasono storia perché l’isola, come riemerge a fatica dalle memorie nebbiose dell’educazione primaria, era chiamata il granaio d’Italia. Circa 50 le varietà conosciute, ma poche quelle coltivate sia per le rese basse e inadatte alla coltivazione intensiva e sia per problemi legati alla salvaguardia della proprietà intellettuale delle multinazionali semenziere. Per essere chiari, quel grano sta lì da qualche millennio, ma Monsanto pretende la prova che non provenga da una delle sue sementi costruite in laboratorio. Se non è follia questa…

# Ritornando ai grani antichi, te li trovi dappertutto, come pasta, grissini, schiacciate, focacce, biscotti, pane. Molti dubbi, soprattutto sul pane che, forse per mia ignoranza, mi pare lontano da una convincente lievitazione, e una felice eccezione, il pane “grano antico” del Panificio Traina di Ribera: da stare a rota.

# Ormai bevo poco, o meno, dipende dai punti di vista, e mi porto via la bottiglia dal ristorante invece di voler fare il duro e scolarmela tutta. Tra l’altro mi piace capire com’è il vino uno o due giorni dopo averlo aperto. Ho bevuto bene, solo vini delle isole (Sicilia e limitrofe), solo bio, solo meno conosciuti che quelli da vinofighetti si trovano anche a Roma. Se ne dovessi scegliere uno, il mamertino bianco di Vigna Nica: me lo sono portato in giro come fosse una tisana pomeridiana (quello rosso l’ho qui da stappare), fresco ed elegante. Mi sa proprio che del mamertino ne sentiremo parlare nei prossimi anni.

# Le rosticcerie siciliane sanno essere l’anima della cucina tradizionale e, certamente, la mia perdizione. Sarde a beccafico, polpette di neonata, involtini di pescespada, pescespada alla brace, crocchè, anellini, melanzane fritte, zucchine ripiene, arancine, caponata, sfincioni, busiate… Se si trova quella giusta, come al Fantasy Cotto di Ribera (AG), ricordarsi di dividere per due qualunque ordine: l’occhio è sempre più grande dello stomaco.

# Quando non sono le rosticcerie sono alcune trattorie che mantengono inalterate le tradizioni proprie, oltre che quelle locali. La Trattoria la Vecchia Cunza a Sciacca (AG) è così, verace e buona come il proprietario Paolo. “Ho aperto 32 anni fa, per 25 anni senza menu. La gente veniva e io li davo da mangiare. Ora da qualche anno faccio il menù perché la gente è cambiata, ha le intolleranze, ha le cose che non gli piacciono… però col menù mangiano meno che se li faccio mangiare io. Fate fare a me o volete scegliere voi?”. Fate fare a lui, e saranno polpette di sarde, acciughe fritte, spatola in agrodolce, alici marinate, sarde in agrodolce e così via, allo sfinimento. E se volete prenotare, dovete andare alle 20:00, perché “io accetto prenotazione solo per le otto, perché dopo la gente viene magari in orario e si incazza se aspetta 10 minuti oppure tarda mezz’ora e si incazza se non trova più il tavolo. Dopo le otto chi vuole venire si presenta al ristorante e fa la fila”.

# Sarò banale, ma la colazione con la granita e la brioche è una gioia che mi sono voluto quasi sempre concedere. La migliore in assoluto quella di mandorla del bar Barry White di Montallegro (AG), a due passi dalla bella spiaggia di Bovo Marina. Il segreto? Tostare le mandorle come si fa da quelle parti, a differenza di Messina. Provare per credere.

# E visto che siamo a Bovo Marina, ecco un altro TEasy: la Locanda Perbellini al mare (foto sopra). Mi aspettavo un posto in punta di forchetta e, invece, tramonto in technicolor, ambiente informale sulla spiaggia e cucina fresca, divertente, precisa. Il crudo di ricciola con verdure croccanti, timo e lime è da cappottarsi. Giacomo Vella è l’Executive Chef, bravo bravo.

# Ritornando alla colazione, pensavo di averle viste tutte, ma mi mancava un pezzo forte: la brioche riempita di ricotta fresca e cioccolata. Io l’ho trovata solo al Caffè Zamenhof a Ribera, ma magari si trova anche da altre parti. Nonostante le mie migliori intenzioni salutiste, ho alternato granite a brioche con la ricotta. E sono felice.

# Una delle cose che riesce a farmi incazzare ogni volta è entrare in un supermercato e non trovare nulla di locale. A Sciacca i limoni vengono dal Sudafrica e i pomodori ho evitato di guardarli. Poi, un giro dal pusher che mi ha allietato per 2 settimane, e invece di vedere quelli belli gialli impomatati sulle scansie della grande distribuzione, mi porge qualche piccolo limone verdognolo dicendo “quest’anno sono così”. E sono così buoni, profumati, limonosi che mi domando, per l’ennesima volta, perché continuiamo a farci del male.

# Poi però, dietro un bancone qualsiasi, trovi un signore che sono 56 anni che fa quel lavoro e, raccontandoti mille cose, ti fa scoprire il capuliato, il pesto di pomodori secchi. Messo sopra il pane, bruscato o meno, da felicità e dipendenza. Mi lascia una ricetta per condirci la pasta mentre mi dice che per fortuna lì, al supermercato Paghi Poco, quando possono scelgono ancora il prodotto locale. E, sì, la pasta condita come dice lui è proprio buona.

# Passando da Catania volevo trovare un po’ di zuzzo, la gelatina fatta con gli scarti del maiale. Quando è buona e compensata da un po’ di agrumi che ne esaltano il contrasto tra grasso e acidità è meglio di una caramella. Non avendola trovata confesso che ero un po’ triste. Mi sono rifatto, a Palermo, con l’insalata di musso e carcagnolo che non conoscevo, a base di pezzi di carne e cartilagine ricavati dal piede e dal muso del vitello. Roba forte per gente con lo stomaco di ferro.

# A Palermo c’è uno dei più bei musei che ho visto negli ultimi anni: Palazzo Butera. Nato dalla volontà dei coniugi Valsecchi, notissimi commercianti d’arte che hanno restaurato in modo meraviglioso lo splendido palazzo e aperto al pubblico la loro amplissima collezione di arte moderna che hanno destinato a una fondazione no profit. Palazzo Butera è la loro casa e li si può incontrare mentre camminano per i corridoi, accendendo le luci, aprendo le persiane, togliendo un po’ di polvere dai tavoli. Tra le opere esposte, che ruotano in continuazione, è possibile ammirare quelle di Tom Phillips, un genialoide artista inglese. Nel “Curriculum Vitae X” è possibile leggere “I’ll cook my book & carve with art’s deep life the cakes and creams and pleasures of my life”. Voi andate, la prossima volta che passate per Palermo, e ringraziate per cotanta bellezza.

# Ci sono posti che cambiano e posti che rimangono sempre una confortante certezza. Sono stato da Buatta, a Palermo, la prima volta otto anni fa, fuggendo dalle zanzare dello stand a una Marina di libri. Mi dicono che aveva aperto da poco. Mangiai bene, da turista ma bene, con una carta dei vini siciliani fatta con attenzione sia alla qualità che alla vendita. Continua a essere così e ne sono felice. E le panelle, che a me generalmente non piacciono, me le sono mangiate con gusto

# Alla fine di tutto questo girovagare mi verrebbe da dire che la Sicilia è dei giovani. Sono quelli che ti servono col sorriso, che ti danno informazioni, che riprendono vigne, aprono ristoranti, non vanno via e li vedi innamorati di ciò che stanno facendo e convinti che c’è un domani per loro. Glielo auguro di cuore, per loro e per me. Il Principe Salina, nel Gattopardo, dice che “il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di fare“. Ecco, mi pare che i giovani siciliani sappiano di non essere perfetti, ma di poter ambire a esserlo, forse più di altri, facendo.

# Per Finire: guidare per la Sicilia è cosa seria e ansiogena. Per aiutarvi ad affrontare il gravoso compito, un paio i suggerimenti per farvi sentire veri siciliani al volante:

  1. Si guida sempre al centro della strada, sia un vicolo, la provinciale o l’autostrada
  2. Si guida sempre attaccati al mezzo che vi precede, sia che si proceda a passo d’uomo che  a 130 all’ora
  3. Si sorpassa sempre e comunque, possibilmente in prossimità di un dosso o di una curva
  4. Si parcheggia sempre a spina di pesce, soprattutto se si è in seconda fila.
  5. Non si da mai la precedenza: è segno di debolezza
  6. Non si ringrazia mai chi ti fa passare: fosse mai che tieni un debito con qualcuno

Assabinirica!

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