Là dove il corpo suda, la sabbia gratta e la dignità evapora insieme alla protezione solare, il cibo diventa un campo minato. Non si mangia: si sopravvive, tra tupperware grondanti, padri che affettano angurie come se stessero sezionando una bomba, e patatine che hanno visto più spiaggia di un bagnino stagionale.
È in questo contesto che nasce “Recensisco cose sul cibo: la Spiaggia”, perché il cibo da spiaggia non ha senso logico né estetico. È un rito tribale, fatto di panini tristi, frutta esibita come status symbol e insalate di riso che mettono in crisi l’unità familiare. Eppure, ogni estate ci ricadiamo. Perché siamo italiani, e la spiaggia – come la tavola – è un palcoscenico. Peccato che sia tutto in controluce, con le ascelle sudate.
Sommario
- Il panino al tonno nel sacchetto di plastica
- Il thermos della nonna
- L’anguria tagliata nel portabagagli
- Le patatine sabbiate
- Il gelato che si autodistrugge
- La birra calda
- I bambini con il cracker in mano
- Le insalate di riso creative
- Il venditore ambulante
- Il prosciutto avvolto nella stagnola
- I ghiaccioli sciolti in borsa
- L’insalata “fresca” con mozzarella
Il panino al tonno nel sacchetto di plastica
L’eroe tragico della giornata. Pensato con amore alle 7 del mattino, già disfatto alle 11:15, quando il tonno inizia a fermentare e la maionese sogna un’altra vita. Il pane, poveretto, ha ceduto come un cuscino IKEA sotto un culturista.
Voto: 4/10, per l’impegno e la resa commovente.
Il thermos della nonna
Nessuno sa cosa contenga, nemmeno lei. Potrebbe essere tè, brodo, succo ACE o rosolio alla menta del 1986. Ma va portato. È il Mjöllnir del pranzo in spiaggia: chi osa lasciarlo a casa perde i favori della nonna e della sorte.
Voto: 6/10, reliquia sacra e disfunzionale.
L’anguria tagliata nel portabagagli
Non si taglia: si macella. Si versa, si sparge, si invoca un dio a caso. Il taglio dell’anguria in spiaggia è l’unico momento in cui gli adulti sembrano partecipare a un rituale pagano, con coltelli impropri e occhi spiritati.
Voto: 7/10, premio scenografia e schizzi ematici.
Le patatine sabbiate
Apri il sacchetto. Prendi una. Croc. Sabbia. Come? Perché? La legge di Murphy in spiaggia si applica solo alle patatine. Ma non si butta niente, quindi le mangi lo stesso, illudendoti sia “sale marino”.
Voto: 5/10, una roulette russa dal retrogusto granitico.
Il gelato che si autodistrugge
Bello, colorato, scelto con cura. Peccato che viva solo 40 secondi prima di collassare sulla tua mano, sulla tua gamba e infine sulla sabbia. Ogni gelato in spiaggia è un melting pot, in senso letterale.
Voto: 8/10, dramma in tre atti con finale splatter.
La birra calda
Ti sei illuso. Hai sperato. Hai dimenticato la borsa frigo e ora bevi una birra che sa di urina tiepida e disperazione. Ma sei al mare, quindi la posti comunque su Instagram.
Voto: 6/10. Sufficiente perché simbolica più che dissetante.
I bambini con il cracker in mano
Sembrano piccoli angeli col sorriso. Finché non iniziano a sbriciolare cracker su ogni superficie, tra i teli, nel costume, nei capelli del cane. Il cracker è il nuovo glitter: non lo togli più.
Voto: 2/10, terrore a forma di snack.
Le insalate di riso creative
Ogni estate qualcuno si sente chef visionario e butta nella stessa ciotola tonno, mango, olive taggiasche, wurstel, feta, e qualche uvetta per “equilibrio”. Il risultato è uno scisma familiare.
Voto: 1/10, fusion fallita, eredità compromessa.
Il venditore ambulante
“Cocco, cocco bello!” È la voce dell’estate, la colonna sonora della tua adolescenza e l’ultima speranza contro la disidratazione. Il cocco costa più del prosecco, ma lo mangi con le mani sabbiose e gli occhi pieni di nostalgia.
Voto: 9/10, folklore necessario.
Il prosciutto avvolto nella stagnola
Ogni famiglia ne ha uno. Avvolto come un reperto archeologico, emerge dal fondo della borsa frigo, appiccicoso e salato come un trauma infantile. Nessuno l’ha chiesto, ma tutti ne mangiano.
Voto: 5/10, rassegnazione con contorno.
I ghiaccioli sciolti in borsa
Erano l’asso nella manica. Ora sono un liquido appiccicoso color chimico che ha tinto tutto, dalle salviettine al portafoglio. Ma qualcuno lo beve lo stesso, direttamente dal sacchetto, per principio.
Voto: 4/10, esperimento di sopravvivenza.
L’insalata “fresca” con mozzarella
L’idea era buona: leggera, estiva, genuina. Poi la mozzarella ha deciso di ribellarsi al caldo e ha assunto consistenza e odore da formaggio stagionato. Il pomodoro si è liquefatto e l’olio galleggia come una pozza di crimine.
Voto: 2/10, delitto a cielo aperto.
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