di Bjork
Il gelato è la risposta italiana a tutto ciò che la vita non sa spiegare: il caldo, l’amore non corrisposto, le domeniche senza senso. È il conforto dei piccoli, il premio dei grandi, l’ossessione degli ex obesi e la trappola dei vacanzieri. Ma sotto la superficie liscia e pastellata si nasconde un microcosmo pieno di traumi appiccicosi, scelte identitarie mascherate da gusti e guerra civile tra coppetta e cono.
La coppetta

Contenitore ufficiale degli insicuri, dei vegani urban chic, di quelli che hanno sempre una bottiglietta d’acqua in borsa e usano parole come “esperienziale”. La coppetta è igienica, precisa, ordinata. È l’equivalente gastronomico di un’agenda color salvia. Comoda? Certo. Ma vuoi mettere la tristezza di mangiare il gelato come se fosse una zuppa dolce da ospedale pediatrico? Nessuna sensualità, zero rischio. Ti fissa con quello sguardo da “non voglio sporcare”, mentre ti spegne ogni pulsione ludica.
Voto: 6/10 – Per i minimalisti, i cardiologi e gli ex scout. Non fa danni, ma non emoziona nemmeno se la lecchi con passione.
Il cono

Il contraltare pornografico della coppetta. È fragile, esagerato, colante, e assolutamente inaffidabile. Ma irresistibile. Mangiare il gelato dal cono è come un flirt estivo: inizia benissimo, finisce con te che ti lecchi i gomiti. La punta finale ripiena è l’equivalente di un finale di stagione ben scritto. Ma prima ci sono crolli, panico, e attacchi d’ansia per il bilanciamento peso-panna. Il cono è il gelato per chi ama vivere pericolosamente.
Voto: 8/10 – Caotico bene, ma metti un tovagliolo serio per non diventare un Pollock umano.
Il fazzolettino minuscolo

Simbolo universale dell’inutilità istituzionalizzata. Un francobollo di carta sottile come la pazienza in fila il 15 agosto. Serve per “non sporcarti”, ma non copre neanche l’unghia del mignolo. Ti viene dato con l’aria di chi ti sta offrendo una reliquia, e tu, con fiducia, ci credi. Poi ti ritrovi a frizionarti il palmo con una spugnetta umida da Barbie campeggiatore.
Voto: 2/10 – Dovrebbe essere dichiarato Patrimonio dell’Incoerenza Mondiale. Ma almeno ha la decenza di sparire presto.
I biscotti di cialda

Appendici gommose, spesso a forma di ventaglio, che vengono infilzate nel gelato con la stessa grazia di un ombrellino da cocktail in una tanica di benzina. Non li ha chiesti nessuno. Nessuno sa davvero che gusto abbiano. Ma si trovano lì, a galleggiare sul fiordilatte come una zattera senza equipaggio. Mordendoli, rivelano la consistenza del cartone umido e la tenacia del chewing gum depresso.
Voto: 4/10 – Per chi crede ancora che l’estetica conti più del sapore. O per chi ha nostalgia dei giochi in scatola anni ’90.
La panna montata

Simbolo di opulenza alimentare e di scelte sbagliate. “Vuole la panna?” è la domanda che separa i coraggiosi dai consapevoli. La panna sembra una buona idea: bianca, soffice, decorativa. Poi scopri che copre tutto il resto, appesantisce l’anima, e si lega alle papille come la colla a caldo. È l’imbucato al matrimonio che balla con tua zia: non invitato, ma ormai c’è.
Voto: 5/10 – Perché ha fascino, ma finisce sempre in gola come un mattone in seta.
Il gelataio

Personaggio misterioso. Il gelataio italiano moderno vive una crisi identitaria permanente. O è un monaco del silenzio, che ti ignora con la concentrazione di un chirurgo cardiotoracico, o è un giullare da sagra, pronto a imitare la mucca da cui “viene il latte fresco del giorno”. Nessuno sa davvero da dove venga, né quanto guadagni, ma ha in mano il potere di darti la felicità o la nocciola sbagliata.
Voto: tra 3 e 9/10 – Dipende se ti fa assaggiare il pistacchio senza guardarti male.
Il gelato che cola

Una tragedia annunciata. Colerà, sempre. Che tu sia a 40 gradi o 19, non cambia: la natura del gelato è liquefarsi al momento più inopportuno. Il vero incubo è quando cola sotto la cialda, verso la tua giacca nuova. Puoi solo osservare l’apocalisse lenta, impotente. Il gelato che cola è il karma istantaneo per tutti gli atti impuri commessi da bambino.
Voto: 0/10 – Eterno nemico dell’eleganza. Nemmeno il cucchiaino può salvarci.
Il cucchiaino di plastica

Una gemma. Leggero, agile, maneggevole, affilato quanto basta. Riesce a entrare negli angoli più oscuri della coppetta e a sollevare l’umore. Un concentrato di ingegneria e umanità, spesso trasparente come l’anima del suo designer. È l’unica cosa che ti fa sentire in controllo della tua vita mentre stai mangiando in piedi, in strada, con una goccia che ti scende sul polso.
Voto: 10/10 – Perché è piccolo, ma non tradisce mai.
Il gusto puffo

Crimine di guerra alimentare. Colore tra il PVC e il cielo tossico. Sapore? Indefinibile. Un mix tra zucchero vanigliato e rimorso. Lo scelgono solo i bambini sotto i 6 anni e gli adulti ironici con traumi. Ma attenzione: è un gusto che ha plasmato l’immaginario collettivo. È la porta d’ingresso all’osceno, il Joker dei gelati.
Voto: 7/10 – Perché è inquietante, ma memorabile. Come certi videoclip anni ‘90.
Le creme

I gusti “seri”. Pistacchio (ma solo se “di Bronte”), nocciola, cioccolato fondente 88%, zabaione. I gusti crema sono il LinkedIn del gelato: professionali, rassicuranti, adulti. Sono lì per dirti che hai fatto pace con te stesso, che non ti serve l’arcobaleno nel cono per sentirti vivo. Ma diciamolo: dopo tre cucchiai ti senti a un funerale di emozioni.
Voto: 6,5/10 – Elegantemente noiosi. Li scegli per far colpo, ma dentro piangi vaniglia.
I gusti frutta

Ti illudi che “fragola e limone” siano scelte leggere. Che il gelato alla frutta sia più naturale, meno calorico, più “estivo”. La verità? Sono dolcificati come una soap turca e spesso hanno l’aroma di chewing gum per gatti. L’anguria non sa di anguria, il mango è un cosplay dell’Estathé.
Voto: 5/10 – Perché mentono, ma lo fanno con colori belli.
La granita

Snob, gelida, rigorosa. È la risposta siciliana al decadentismo continentale. Niente panna, niente cialda, solo ghiaccio tritato e sapore. Ma attenzione: la granita non perdona. La mangi troppo in fretta e hai un’epifania dolorosa dietro gli occhi. Troppo piano e si scioglie in acqua aromatizzata. È una maestra zen: devi rispettarla.
Voto: 9/10 – Per chi ama il freddo, la disciplina, e ha già letto Camilleri.
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